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AGI
I tre presidenti Usa che disertarono l’insediamento del successore
AGI – Prima di Donald Trump sono stati tre i presidente nella storia degli Stati Uniti che si sono rifiutati di essere presenti all’insediamento del loro successore: l’ultimo era stato Andrew Johnson nel 1869. Johnson fu messo sotto impeachment dalla Camera dei rappresentanti e assolto dal Senato, ma con il suo successore Ulysses Grant c’era un odio reciproco, al punto che quest’ultimo si rifiutò di salire sulla carrozza con lui per andare alla cerimonia di insediamento. Così Johnson restò alla Casa Bianca a firmare le ultime leggi.
In precedenza il gran rifiuto aveva riguardato John Adams e suo figlio John Quincy Adams, entrambi arrivati alla presidenza. John Adams, secondo secondo presidente degli Stati Uniti, nel 1801 non partecipo’ all’inaugurazione del terzo, Thomas Jefferson in quanto i Federalisti di Adams reputavano i democratico-repubblicani alla stregua di giacobini e la campagna elettorale era stata durissima.
Nel 1829 il figlio John Quincy Adams, sesto presidente Usa, non fu presente all’insediamento di Andrew Jackson (tra i fondatori del Partito democratico), al termine di un’altra campagna dai toni durissimi. Dopo le elezioni la moglie di Jackson mori’ di infarto per aver appreso delle accuse mosse al marito (che riguardavano anche la sfera famigliare) e il presidente eletto si rifiutò di far visita al predecessore nelle tre settimane prima dell’insediamento. Così John Quincy Adams disertò la cerimonia di inaugurazione.
Un quarto caso riguarda Richard Nixon che nel 1974 si dimise da presidente per lo scandalo Watergate e non assistette al giuramento del suo successore, Gerald Ford, il primo ad approdare alla Casa Bianca senza mai essere stato eletto. -
Adnkronos
Recovery, Conte a Boschi: “Chi invoca rispetto deve darlo”
“Fai bene a parlare di rispetto ma chi invoca rispetto deve dare rispetto. Non puoi permetterti di dire che alla riunione del 22 dicembre tutti i ministri presenti non avevano letto la bozza che era stata presentata nel Cdm del 7 dicembre. Solo perché un ministro nel corso di quella riunione del 22 ha avuto un dubbio su uno dei tanti progetti presentati. Questa è una affermazione irriguardosa”. Così il premier Giuseppe Conte rivolto alla capogruppo di IV alla Camera Maria Elena Boschi, raccontano all’Adnkronos fonti di maggioranza presenti al vertice a palazzo Chigi sul recovery fund. Una riunione in cui è andato in scena un vivace botta e risposta tra Boschi e il ministro del’Economia Roberto Gualtieri. “A te – avrebbe detto ancora il premier rivolto a Boschi – nel documento di soli 13 pagine è sfuggito il chiaro riferimento all’incremento degli investimenti sui porti del Sud, ma io mi sono limitato a richiamare la tua attenzione sul punto senza offenderti”.
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AGI
Gran parte dei pazienti Covid ha sintomi anche dopo sei mesi
AGI – Più di tre quarti delle persone ricoverate in ospedale per Covid-19 soffrivano ancora di almeno un sintomo sei mesi dopo essersi ammalate, secondo uno studio che evidenzia la necessità di ulteriori ricerche sul effetti persistenti del coronavirus. Stanchezza o debolezza muscolare sono i sintomi più comuni. Sono stati osservati anche disturbi del sonno, ansia o depressione, secondo lo studio, pubblicato sulla rivista The Lancet, che include più di mille pazienti della città cinese di Wuhan. Inoltre, alcuni pazienti hanno sviluppato problemi renali dopo la dimissione dall’ospedale. I pazienti che erano i più gravemente ammalati in ospedale più spesso avevano una funzione polmonare compromessa e anomalie rilevate sull’imaging del torace.
Lo studio ha incluso 1.733 pazienti con Covid-19, di età media 57 anni, dimessi dal Jin Yin-tan Hospital di Wuhan tra gennaio e maggio 2020. Hanno avuto una visita medica tra giugno e settembre e hanno risposto a domande sui loro sintomi e sulla qualità della vita. Sono stati effettuati anche test di laboratorio.
“Poiché il Covid-19 e’ una nuova malattia, stiamo solo iniziando a comprendere alcuni dei suoi effetti a lungo termine sulla salute dei pazienti”, commenta l’autore principale dello studio, il professor Bin Cao del National Center for Respiratory Medicine. Questo lavoro evidenzia la necessità di cure post-dimissione, soprattutto per i pazienti con infezioni gravi. “Il nostro lavoro sottolinea anche l’importanza di condurre studi di follow-up più lunghi in popolazioni più ampie al fine di comprendere l’intero spettro di effetti che Covid-19 può avere sulle persone”, ha aggiunto. Per l’Organizzazione mondiale della sanità, il virus presenta un rischio di gravi effetti duraturi in alcune persone, anche in giovani altrimenti sani che non sono stati ricoverati.
Secondo lo studio, il 76% dei pazienti che hanno partecipato al follow-up (1.265 su 1.655) ha affermato di avere ancora sintomi. Stanchezza o debolezza muscolare è stata segnalata dal 63% di loro, mentre il 26% ha avuto problemi a dormire. Lo studio ha incluso anche 94 pazienti i cui livelli di anticorpi nel sangue sono stati registrati al culmine dell’infezione. Sei mesi dopo, i loro livelli di anticorpi neutralizzanti contro il virus erano diminuiti di oltre la metà. In un commento pubblicato su The Lancet, Monica Cortinovis, Norberto Perico e Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto per le ricerche farmacologiche Mario Negri (Italia), sottolineano l’incertezza sulle conseguenze a lungo termine della pandemia sulla salute. La ricerca multidisciplinare a lungo termine, come quella condotta negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, dovrebbe aiutare a migliorare la comprensione e sviluppare terapie per “mitigare le conseguenze a lungo termine del Covid-19 su diversi organi e tessuti”. -
AGI
La sanità calabrese è senza pace, anche Longo finisce nella bufera
AGI – Non c’è pace per la sanità calabrese. In un contesto sempre molto complicato e pieno di criticità anche per l’emergenza coronavirus che spingerà la regione in zona arancione, l’avvio del nuovo anno ha portato altre polemiche, dopo la raffica di dimissioni dei diversi commissari registrata nell’ultimo scorcio del 2020. Anche il nuovo responsabile del settore, il prefetto Guido Longo, nominato lo scorso 27 novembre dal governo, è finito al centro di un acceso dibattito. Dopo la “telenovela” seguita alle dimissioni del generale dei Carabinieri Saverio Cotticelli, con il valzer di successori dimissionari (Giuseppe Zuccatelli) o rinunciatari (Eugenio Gaudio), Longo è incappando nel primo “scivolone” della sua esperienza in Calabria.
Lo scontro con i medici
Intervistato lo scorso 5 gennaio da Radio Capital sui ritardi della Calabria nella campagna di vaccinazione anti Covid, con la regione fanalino di cosa a livello nazionale nella percentuale di dosi somministrate, Longo si è difeso negando che si proceda a rilento, ricordando che il vaccino “non è obbligatorio, è facoltativo, volontario, per chi se lo vuole fare”. Colpa, dunque, di una bassa adesione del personale medico.
Immediata e furiosa la reazione degli Ordini provinciali dei medici della Calabria, che, in una nota congiunta, hanno espresso “stupore e rammarico” per le parole del commissario “sulla mancata disponibilità dei medici a vaccinarsi”, definendo la sua affermazione “oltre che assolutamente infondata, soprattutto offensiva per una categoria che fin dall’inizio della pandemia è stata ed è in prima fila nella lotta al virus, adoperandosi con coraggio, abnegazione e spirito di sacrificio, anche mettendo a repentaglio la propria incolumità fisica”.
La difesa di Spirlì
Per il commissario arriva la difesa sul piano istituzionale più forte, quella del presidente facente funzione della Giunta regionale, Nino Spirlì, che prendendo “atto con dispiacere della polemica avviata dai presidenti degli Ordini dei medici della Calabria”, si è posto esplicitamente al fianco di Longo: “Incontro il commissario ogni giorno e posso dire che, fin dal suo insediamento, ha messo in atto un’accanita difesa dei medici e di tutto il personale sanitario calabrese” ha detto Spirlì annunciando un incontro con il commissario.
Intesa sulle nomine
L’incontro c’è stato e ne è scaturita l’intesa sulle nomine dei commissari delle aziende sanitarie proposte da Longo che hanno ricevuto l’ok del presidente facente funzione della Giunta (praticamente un inedito, visto che nella precedente legislatura mai il presidente della Giunta, il democratico Mario Oliverio, aveva avallato le nomine commissariali).
Ad aggravare il quadro di una sanità senza pace, il rischio di chiusura della clinica Sant’Anna di Catanzaro, riconosciuto come polo chirurgico d’eccellenza, in crisi di liquidità per un contenzioso con l’Asp del capoluogo. In questo contesto, gli ottimi rapporti tra Regione e Ufficio del commissario sembrano davvero un’eccezione. -
AGI
L’assassino di Gudeta ha confessato. È un operaio ghanese
AGI – Uno stipendio non corrisposto è il movente dell’uccisione di Agitu Ideo Gudeta, la donna-pastore simbolo dell’integrazione in Trentino e in Italia fuggita dieci anni fa dalla natia Etiopia.
Agitu avrebbe compiuto 43 anni il giorno di Capodanno ma la furia di un collaboratore dell’azienda agricola biologica che lei aveva fondato, ‘La Capra Felice’, le ha tolto la vita spegnendo per sempre il suo sorriso e la sua grande voglia di lavorare. La donna è stata uccisa a colpi di mazzuolo e fatali sono state le lesioni alla testa.
Il corpo senza vita è stato trovato ieri pomeriggio riverso a terra nella camera da letto al secondo piano della sua abitazione a Maso Villalta nel comune di Frassilongo in Valle dei Mochèni tra le montagne del Trentino. L’allarme è scattato verso le ore 18 di ieri perché la donna non rispondeva più al cellulare.
Il collaboratore è stato fermato dai carabinieri quindi condotto nella caserma della Compagnia di Borgo Valsugana dove, dopo un lungo interrogatorio, nella notte ha confessato. Adams Suleimani, 32 anni originario del Ghana, era un operaio e si occupava di custodire le 150 capre autoctone mochène.
Ai carabinieri coordinati dal tenente colonnello Michele Capurso, comandante del reparto operativo di Trento, il pastore africano ha riferito che la lite sarebbe scoppiata per uno stipendio non pagato. Inoltre, è emerso che l’uomo avrebbe violentato la donna agonizzante a terra.
Inizialmente le indagini si erano anche focalizzate anche su Cornelio Coser, l’uomo di Fierozzo che dopo un rapporto d’amicizia, due anni fa aveva minacciato ed aggredito Agitu venendo, nel gennaio scorso, condannato per lesioni ma non per odio razziale come era stato richiesto dal pm. Coser, tramite il suo legale Claudio Tasin, ha detto, “è una tragedia, non c’è giustificazione per quanto accaduto nonostante la mia personale esperienza”.
Agitu, arrivata in Italia quando aveva 18 anni per intraprendere gli studi di sociologia, era fuggita dalla natia Addis Abeba a seguito degli scontri sociali e dalle minacce che aveva ricevuto dal suo governo.
Si era rifugiata in Trentino dove con enorme forza di volontà aveva fondato, da un progetto di recupero di terreni abbandonati e di razze rustiche locali, l’Azienda Agricola Biologica ‘La Capra Felice’.
L’azienda si occupa di allevamento caprino (capra pezzata mòchena in via d’estinzione) ma anche della produzione di formaggi biologici, yogurt e prodotti di cosmesi con latte di capra.
Agitu, nota in Italia anche come la ‘Regina delle capre felici’, in quell’angolo delle Alpi era partita allevando 15 capre. Nel giugno scorso in piena crisi economica causata dalla pandemia di Covid-19, aveva aperto in piazza Venezia a Trento la prima ‘Bottega della Capra Felice’. In quell’occasione la pastora disse, “non dobbiamo fermarci, con i sogni costruiamo il nostro futuro”.
All’interno del negozio oltre a trovare ortaggi, formaggi, uova e anche prodotti di cosmesi anche un angolo lettura e il caffè etiope.
Ad ottobre aveva aperto anche un punto vendita all’interno di una floricoltura di Bolzano. Nel capoluogo altoatesino aveva più volte esposto i suoi prodotti alla Fiera Bio. L’ultimo post su Facebook di Agitu risale al giorno di Natale: “Buon Natale a te che vieni dal sud, buon natale a te che vieni dal nord, buon natale a te che vieni dal mare, buon natale per una nuova visione e consapevolezza nei nostri cuori”. -
Adnkronos
Feltri: “Censura social a Trump? Da noi lo fa servizio pubblico tv”
“La censura fa schifo, ma se qui da noi le prime censure vengono fatte già a livello di servizio pubblico televisivo, poi non possiamo stupirci del fatto che Twitter o Facebook, che sono aziende private, mandano a fare in c…. anche Trump”. Non la manda a dire Vittorio Feltri che, interpellato dall’Adnkronos sulle polemiche divampate in seguito alla sospensione degli account social di Donald Trump, da Instagram a Facebook a Twitter. “Non sono un esperto di social, però ho visto che fanno quello che vogliono -aggiunge Feltri- Anche Twitter ad esempio, ci sono momenti in cui ti censura, ti blocca, non ti fa salire i followers. Quindi non è una novità: essendo delle aziende private purtroppo fanno quello che vogliono, e censurano quello che vogliono, e non da adesso”. Parlare di ‘attacco alla democrazia’ è però “un’espressione che ha un’enfasi retorica che mi appartiene -spiega il direttore di ‘Libero’- Basta che uno parli ad un microfono e dice quello che vuole, non esistono solo i social. Ci sono i giornali, la televisione, la radio”. Peraltro, aggiunge il giornalista, che è titolare di un suo account Twitter molto seguito, “credo che si possa fare anche a meno dei social. Sicuramente siamo vissuti anche senza, e magari non stavamo meglio, ma nemmeno peggio”, conclude.
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Adnkronos
Trattativa Stato-mafia, Ranucci (Report): “Mai esistita? C’è sentenza”
“Mi sembra ci sia stata una sentenza seppur di primo grado, dove è stato condannato dell’Utri ma anche ufficiali del Ros”. Così Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, commenta con l’Adnkronos l’intervista al Riformista in cui il giudice del maxiprocesso Alfonso Giordano sostiene che la cosiddetta Trattativa Stato-mafia non sia mai esistita. “O non si commentano le sentenze – aggiunge Ranucci – o si commentano tutte. Ognuno sceglie quella che fa più comodo. Ho letto proprio sul Riformista l’altro ieri che immaginare che ci siano legami tra servizi deviati e P2 per le stragi appartiene alla fantascienza. Ma siccome il diavolo fa le pentole e non i coperchi ecco che ieri esce la motivazione della sentenza sulla strage di Bologna dove si parla di strage di Stato. Raccontando proprio il contrario di quello che scrive il Riformista”. “Io – sottolinea Ranucci – sono abituato a raccontare i fatti avendo come unico editore di riferimento il pubblico che paga il canone, non partiti politici o editori legati a quei partiti. E continuerò a farlo. Per questo la puntata sulle stragi andrà in replica oggi alle 16.50 su Rai 3”, conclude Ranucci.
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AGI
Il mistero dei coniugi scomparsi a Bolzano, ancora nessuna traccia
AGI – È avvolta nel mistero la scomparsa della coppia di coniugi a Bolzano: Laura Perselli, 68 anni, insegnante in pensione e suo marito Peter Neumair, 63 anni. Di loro non si hanno più notizie dalla serata di lunedì 4 gennaio quando i loro telefoni cellulari hanno cessato di funzionare e soprattutto non sono più tornati a casa.
Le ricerche continuano con le squadre di vigili del fuoco accompagnati da cani molecolari, soccorso alpino, carabinieri. Battute le zone di ponte Roma perché una cella telefonica aveva agganciato il numero del cellulare della donna ma anche le Passeggiate del Talvera e di Sant’Osvaldo – compresa la zona dove martedì pomeriggio era caduta la frana che ha distrutto buona parte dell’albergo Eberle – che la coppia frequentava per passeggiate anche in ore serali. Nelle ultime ore si cerca anche nelle zone di Laives e Vadena, a sud di Bolzano
Le testimonianze parlano di coppia affiatata con la passione sia per la natura che per i viaggi e che mai avrebbero lasciato la città senza informare quantomeno i figli. Nel frattempo emergono alcuni dettagli.
La signora Perselli nel tardo pomeriggio di lunedì aveva fatto visita all’anziana madre che da qualche ora era stata dimessa dall’ospedale cittadino. La donna a casa della madre 96enne avrebbe incontrato anche la sorella Carla alla quale avrebbe detto che sarebbe rientrata a casa in bicicletta perché si “sentiva stanca”. Il mezzo è stato ritrovato regolarmente parcheggiato all’interno della casa residenziale di via Castel Roncolo dove vive con il marito Peter. Circa l’effettivo rientro a casa della donna, però, non ci sono conferme.
L’ultimo accesso all’applicazione Whatsapp di Laura Perselli risale alle 18,46 di lunedì. I carabinieri nel frattempo hanno acquisito i filmati delle telecamere comunali dislocate in città. A denunciare la scomparsa dei genitori era stato nel pomeriggio di martedì 5 gennaio il figlio convivente con la coppia, Benno, di 30 anni. Lo stesso ha riferito che la notte tra il 4 e il 5 ha pernottato presso un’amica che a sua volta ha confermato l’effettiva presenza del giovane. La coppia scomparsa ha anche una figlia, Madè di 26 anni, laureata in medicina a Innsbruck e specializzanda in ortopedia all’Università di Monaco di Baviera. -
Adnkronos
Nuovo Dpcm di gennaio, regole e divieti: cosa cambierà
Governo al lavoro sul nuovo Dpcm che entrerà in vigore sabato 16 gennaio. Ma altri giorni di divieti e di restrizioni sono probabili già da lunedì 11 gennaio quando, ricorda laleggepertutti.it, la maggior parte dell’Italia resterà in arancione perché, come avverte il ministro della Salute Roberto Speranza, “la curva epidemiologica sta risalendo, è fondamentale mantenere alto il livello del rigore”. Potrebbero tingersi di arancione o di rosso Lombardia, Veneto, Sicilia, Emilia-Romagna, Lazio, Puglia, Calabria e Basilicata. Lazio e Liguria sono al limite, mentre Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Molise e Campania dovrebbero rimanere in giallo. Ma, l’ufficialità sui nuovi colori arriverà oggi dopo che sarà stato reso noto il report dell’Istituto superiore di sanità sull’andamento della pandemia. Molto probabile che Una volta si avrà il report, entro sera il ministro della Salute firmerà l’ordinanza. Va ricordato che di recente è stato modificato il criterio per la collocazione delle regioni nelle varie fasce colorate in base all’indice Rt e al rischio di tenuta delle strutture sanitarie. Raggiunta quota 1 si entra in fascia arancione, mentre in quella rossa si finisce con 1,25. Poi arriverà il Dpcm. Come detto, entrerà in vigore il 16 gennaio ma ancora non si sa quanto durerà. È molto probabile, per non dire quasi sicuro, che il Governo opterà nei prossimi giorni per la proroga dello stato di emergenza, in scadenza alla fine di questo mese. A quel punto, il Dpcm potrebbe avere vita ancora più lunga ed arrivare a metà febbraio. Tra le ipotesi più plausibili, il prolungamento del divieto di spostamento tra le regioni e l’adozione durante i week end nelle zone gialle delle stesse misure prese per quelle arancioni, vale a dire il divieto di uscire dal Comune, la chiusura di bar e ristoranti se non per l’asporto o per la consegna a domicilio, la chiusura dei centri commerciali tranne per i negozi di alimentari, supermercati, farmacie, tabaccai, ecc. Verrà confermata la possibilità di uscire dal proprio Comune se ha meno di 5.000 abitanti e se lo spostamento resta nel raggio di 30 km, escludendo i capoluoghi di provincia come destinazione. Resterà anche il limite di due persone per poter andare a trovare amici o parenti una sola volta al giorno, eventualmente accompagnati dai figli minori di 14 anni. Scontato il coprifuoco dalle 22 alle 5. Per ogni spostamento al di fuori di queste regole, ci sarà bisogno dell’autocertificazione in cui si dichiari di essere usciti per motivi di lavoro, di salute o di comprovata necessità.
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Adnkronos
Usa, pressing su Trump: “Si dimetta prima di impeachment”
Con i democratici che stanno preparando gli articoli del nuovo impeachment contro Donald Trump, accusato di “incitamento all’insurrezione” che ha portato all’assalto del Congresso, aumentano le pressioni e le richieste da esponenti conservatori, con il Wall Street Journal in testa, affinché il presidente si dimetta. Al coro si è unita nelle ultime ore anche Lisa Murkowski, senatrice dell’Alaska, diventata la prima repubblicana del Senato a chiedere le dimissioni di Trump. “Voglio che si dimetta, lo voglio fuori, ha provocato abbastanza danni”, ha detto la senatrice repubblicana moderata, che anche in passato aveva assunto posizioni critiche nei confronti di Trump. Per fonti vicine a Trump, citate da The Hill, è improbabile che Trump – sempre più isolato ed arroccato in una Casa Bianca che si sta svuotando di collaboratori e consiglieri – accetti di dimettersi. Lo potrebbe fare, spiegano, solo se fosse convinto che veramente si andrà ad un nuovo impeachment, e che verrà condannato. In questo caso, per lui sarebbe la fine di ogni speranza di una rivincita, perché gli sarebbe proibito candidarsi di nuovo ad incarichi pubblici. Ma l’idea di un Trump che, per evitare al Paese il trauma di un secondo impeachment, accetta di dimettersi a pochi giorni dalla scadenza del suo mandato, cozza però con l’immagine di un presidente che anche in queste ore è preoccupato principalmente di proteggersi da eventuali azioni legali suoi confronti. Un’ipotesi che è quanto mai reale dopo l’assalto al Congresso da parte della folla aizzata dal suo discorso, assalto che ha provocato la morte di cinque persone. Le fonti di The Hill quindi prevedono che il presidente rimarrà al suo posto in questi ultimi giorni, e probabilmente annuncerà nuovi provvedimenti di grazia, anche per sé stesso e i suoi familiari, prima di lasciare la Casa Bianca per sempre e trasferirsi in Florida. Secondo il New York Times, la famiglia Trump starebbe preparando il trasferimento per il 19 gennaio, un giorno prima dell’insediamento di Joe Biden. Da mesi Trump accarezza l’idea di decretare prima della fine del suo mandato un provvedimento che fornisca a sé stesso e ai suoi familiari uno scudo da incriminazioni federali. Ed ha più volte difeso il suo diritto a farlo. E la prospettiva che nei prossimi giorni faccia un passo del genere ha assunto più forza ora che il dipartimento di Giustizia non esclude azioni penali contro il presidente affermando l’intenzione di agire nei confronti di “chiunque abbia avuto un ruolo e dove indirizzano le prove”.
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AGI
Batman lavora in un sexy shop di Cagliari e appena può corre ad aiutare i bambini in ospedale
AGI – Tra il sexy shop e le corsie d’ospedale la ‘doppia vita’ di Batman a Cagliari dove un imprenditore, una volta chiuso il negozio di accessori erotici e biancheria intima osè, si impegna per rendere meno tristi le giornate dei bambini ricoverati. “Come l’eroe combatte il male a Gotham city, così loro devono lottare contro la malattia”, spiega all’AGI Salvatore Monni che almeno una volta al mese indossa il costume da uomo pipistrello per regalare un sogno ai piccoli in corsia. Cagliaritano, proprietario di un sexy shop e con un passato nel mondo del volontariato, il Batman sardo ha una storia che arriva da lontano.
L’ispirazione da un imprenditore di Baltimora
“Circa cinque anni fa – racconta Monni – ho letto della morte del Batman del Maryland: era stato investito dopo un guasto alla sua ormai famosa Batmobile. Una fine tragica per un uomo che rallegrava i bimbi degli ospedali. Avrebbe potuto staccare un assegno e invece dedicava il suo tempo agli altri. Ho deciso che dovevo raccogliere quell’eredità, perché un battito d’ali a Baltimora può cambiare le cose a Cagliari”. Detto fatto. Ordinato il costume – una copia cinematografica spedita dal Canada – si è fatto fare delle ‘ali’ da montare sulla sua Corvette del ’78 verniciata di nero opaco così come un quad: Batmobile e Batquad erano così pronti per sfrecciare verso gli ospedali Microcitemico e Brotzu, assieme alle associazioni di volontariato.
Braccialetti e mini-torce col simbolo del supereroe
“Mi sono fatto preparare braccialetti con il logo e mini torce che proiettano il simbolo di Batman da regalare ai bambini. Scherzo con loro, cerco di incoraggiarli e provo a regalare un sogno. Anche se, alla fine, sono sempre loro che regalano qualcosa a me”, racconta l’imprenditore ricordano la storia di un bambino che, a distanza di anni dalla dimissione, parla dell’ospedale come il posto in cui incontrava il suo eroe: “Non ripensa ad aghi e sofferenze, niente terapie dolorose o paura, lui di quel periodo ricorda Batman e per me è la cosa più preziosa”.
“L’imbarazzo è per le mentalità provinciali”
La pandemia ha frenato, ma non bloccato il supereroe: per Natale ha organizzato, assieme “agli amici Spiderman e Jack Sparrow”, una diretta streaming per i piccoli pazienti e, appena possibile, riprenderà gli incontri nelle scuole dove gli insegnanti delle scuole primarie lo chiamano per l’ora di educazione civica. Ormai noto in città, Monni ha precisato: “Ogni tanto qualcuno mi chiama per delle feste, ma io non sono un animatore, non faccio queste cose. Io ho una missione e voglio condurla con onore. Non prendo soldi, per quelli ho il mio lavoro”.
Monni è proprietario di tra i più grandi sexy shop della Sardegna. Questo ha mai creato imbarazzi? “Ma assolutamente no”, risponde sicuro: “L’imbarazzo è per le mentalità provinciali. Anzi, sono orgoglioso del mio lavoro e mi ritengo tre volte fortunato: primo perché ho un lavoro e di questi tempi non è scontato, secondo perché ho un impiego che mi piace e terzo perché sono il proprietario. Cosa posso volere di più? Diventare ricco forse? Ma no, non fa per me, preferisco dedicarmi agli altri”. -
Maionchi su Castoldi: “Destinato a essere non capito e quindi non desiderato”

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