
La differenza di stipendi fra uomini e donne, a parità di ruolo, è ancora una realtà più che radicata in Italia. Il cosiddetto Gender pay gap si attesta, secondo le rilevazioni di ODM Consulting, sul 10 percento. Oscillando tra i 3mila e gli oltre 13mila euro. Una forbice che si è ridotta tra il 2017 e il 2019, per poi riprendere ad allargarsi subito dopo la pandemia. Il divario percentuale più ampio tra retribuzione fissa media di uomini e donne è evidente nell’inquadramento degli operai. Con una differenza del 12,7 percento: 28.520 euro contro 24.551. Tra i dirigenti il divario è, in valore assoluto, il maggiore (-10,8 percento): 13mila euro di scarto tra lo stipendio maschile di 121.603 euro e quello femminile di 108.510 euro.
Lo scarto minore negli stipendi è tra i quadri uomini che hanno uno stipendio medio di 62.778 euro, mentre le colleghe donne arrivano a 59.046 euro (-5,4 percento). Inferiore, quindi, di 3372 euro. Più elevato il gender pay gap tra impiegato e impiegata: del 9,4 percento. Vale a dire: 34.514 euro contro i 31.286 delle donne. Questi dati diventano ancor più significativi se letti congiuntamente ad altri relativi alla presenza delle donne nel mercato del lavoro – afferma al Corriere della Sera Miriam Quarti, Senior consultant e responsabile dell’area Reward&Engagement di Odm Consulting –. Più di una lavoratrice su quattro risulta sovra-istruita rispetto al proprio impiego e, sebbene si laureino con voti maggiori e in percentuale più elevata rispetto agli uomini, le donne sono meno presenti in ruoli apicali o direttivi, confermando l’esistenza del soffitto di cristallo.”
Ma la differenza di retribuzione è solo la punta dell’iceberg. Altri elementi concorrono ad allargare il gap esistente tra uomini e donne e le disaguaglianze che permangono nel mondo del lavoro. L’Istat conferma, anche per il 2022, un tasso di occupazione più basso per le donne (51,4 percento contro il 69,6 degli uomini). Nonché un tasso di inattività femminile pari al 44 percento. Aspetto, quest’ultimo, su cui incide pesantemente la presenza di figli. Tra le donne che partecipano al mercato del lavoro è molto alta l’incidenza del part time, dove si riscontra la forbice più significativa stavolta a “favore” delle donne (33,3 percento contro l’8,6 degli uomini). La velocità di inserimento, inoltre, risulta di molto inferiore rispetto a quella degli uomini.