Sara Kelany, avvocata e deputata di Fratelli d’Italia, fa il punto, a quasi due mesi dall’inizio della XIX legislatura, sui primi passi mossi dal governo Meloni. Un’analisi che tiene conto anche della vicenda dell’onorevole Aboubakar Soumahoro, nei confronti del quale è scattata la solita gogna mediatica, che, però, non deve far finire su un secondo piano alcune questioni legate alla gestione dei fenomeni migratori.

«Fratelli d’Italia – spiega al Dubbio Sara Kelany -, subito dopo le elezioni politiche dello scorso 25 settembre, ha indicato una direzione chiara. Rispetto al programma sia del centrodestra che del mio partito, il presidente Meloni ha iniziato subito a seguire delle linee programmatiche molto precise. Si tratta di un percorso individuato non solo nell’ultima campagna elettorale, ma già qualche tempo prima nella conferenza di Milano. In tutto questo vedo una grande continuità».

Onorevole Kelany, di recente la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha manifestato vicinanza ai sindaci e ha rilevato che bisogna intervenire in materia di abuso d’ufficio. Qualcuno parla di “svolta garantista” di Fratelli d’Italia. Cosa ne pensa?

Io mi stupisco quando ci si viene a dire “svolta garantista” di Fratelli d’Italia. Il partito al quale appartengo non è mai stato giustizialista. Anche rispetto alla questione specifica dell’abuso d’ufficio, come il presidente Meloni ha avuto modo di chiarire bene, durante l’assemblea dell’Anci, la linea non è cambiata affatto. Sulla questione della “svolta garantista” mi permetto sommessamente di dire che se noi non fossimo stati un partito garantista, non ci sarebbe mai stata l’indicazione come ministro della Giustizia di una persona del calibro di Carlo Nordio. Eravamo e siamo consapevoli delle qualità del ministro della Giustizia, che, tra l’altro, è stato ospite della nostra conferenza programmatica di Milano. Fratelli d’Italia sta, dunque, seguendo un percorso naturale. Con riferimento all’abuso d’ufficio il presidente Meloni ha detto quello che in realtà chiedono tutti i sindaci. Pertanto, più che “svolta garantista” parlerei di “svolta pragmatica”. Mi faccia però aggiungere un’altra cosa.

Prego, dica pure…

La necessità che l’abuso d’ufficio venga rivisto, nonostante la norma sia stata ritoccata più volte, dimostra attenzione verso i sindaci, impegnati in prima linea sui territori. Si tratta, inoltre, di una necessità bipartisan, come dimostrano, per esempio, le dichiarazioni del sindaco di Firenze e del presidente dell’Anci, da affrontare senza paletti ideologici. La percentuale delle archiviazioni e delle assoluzioni con riferimento al reato di abuso d’ufficio nei confronti degli amministratori è altissima. Si tratta di una ulteriore spia che indica la necessità di apportare dei cambiamenti per evitare che le PA vadano incontro alla paralisi con la famosa paura della firma.

Lei si è espressa in maniera chiara sul caso del suo collega deputato, Aboubakar Soumahoro, affermando la contrarietà a “sparare ad alzo zero contro un avversario su questioni giudiziarie tutte da accertare”. Una critica chiara contro la gogna mediatica?

Bisognerebbe affrontare le cose con molta più serenità e soprattutto con cognizione di causa. Il collega Soumahoro non è neanche indagato. Il problema, quindi, non deve essere considerato di natura giudiziaria. Anche perché ci sono i Tribunali che giudicano e le Procure che indagano. Occorrerebbe che anche la stampa fosse, più che meno attenta, meno strillona rispetto a quelle che sono le vicende giudiziarie. Spesso e volentieri possono trasformarsi in una bolla di sapone. Il problema del caso Soumahoro è di natura strettamente politica.

A cosa si riferisce nello specifico?

La vicenda di cui stiamo parlando ha scoperchiato, secondo me, il vaso di Pandora rispetto alla gestione dell’immigrazione a livello territoriale. Il politico ha il dovere di guardare queste vicende sotto la lente non dell’innocentismo o del colpevolismo, ma sotto la lente della dinamica politica sottesa a determinati fatti. La dinamica politica parla di una gestione sconsiderata dei flussi migratori non solo a monte. Fratelli d’Italia si approccia alla questione dell’immigrazione con grande attenzione e oculatezza. Il blocco navale, per esempio, è necessario nei termini di una missione europea congiunta di pattugliamento delle coste del Mediterraneo per evitare le morti in mare. Il problema migratorio si presenta pure a valle in merito alla gestione dei centri di accoglienza e dei migranti sul territorio. Di qui il tema delle garanzie da fornire a chi sbarca sul suolo italiano. La vicenda Soumahoro ha messo in luce una serie di situazioni ed eviterei di aizzare il caso giudiziario, mentre mi soffermerei di più sul caso della gestione delle cooperative che si occupano di immigrati.

Il successo elettorale di FdI sta mettendo in crisi l’altro partito di destra della coalizione, la Lega?

Fratelli d’Italia è anche un partito territoriale. Abbiamo tanti contenuti. La crescita di FdI si è consolidata nel tempo e non è casuale. Siamo partiti nel 2012, fra pochi giorni celebreremo i primi dieci anni di vita. Siamo eredi di Alleanza nazionale, siamo poi confluiti nel Pdl. Io personalmente cammino al fianco del presidente Meloni da quasi trent’anni, per la precisione da ventisette. Siamo abituati a pensare il partito in termini territoriali. Abbiamo tanti amministratori capaci con esperienza ultra- decennale. Per questo io credo che FdI andrà incontro ad una crescita esponenziale sui territori.

Stiamo per celebrare il Natale con la guerra in Europa, come ottant’anni fa. Il vecchio continente fa i conti con i fantasmi del passato?

La speranza è che la guerra in Ucraina si risolva il prima possibile. Come già chiarito dal presidente Meloni in più occasioni, noi siamo senza esitazioni al fianco dell’Ucraina. Se una soluzione del conflitto si può immaginare, questa può avere come base la possibilità per l’Ucraina di difendersi da un attacco ingiustificato da parte della Russia. La chiarezza della nostra posizione in politica estera è sotto gli occhi di tutti.

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