

La Banca centrale europea ha comunicato la linea dura contro l’inflazione. A differenza di quanto si era pensato, ha deciso di aumentare di mezzo punto percentuale i tassi di interesse, portando il tasso sui rifinanziamenti principali al 3,50%, il più alto dal 2007, quello sui depositi al 3% e quello sui prestiti marginali al 3,75%.
Secondo la stima della Bce, l’inflazione si collocherà in media al 5,3% nel 2023, al 2,9% nel 2024 e al 2,1% nel 2025. La misura era già stata annunciata dalla presidente Christine Lagarde, ma in molti avevano pensato a un cambio di rotta verso una linea più morbida di un rialzo di 25 centesimi dopo il fallimento della Silicon Valley Bank e le difficoltà di Credit Suisse.
Quali saranno le conseguenze dei tassi al 3,5% per i cittadini? Vediamolo insieme.
La Bce ha aumentato il costo del denaro di 50 centesimi. Secondo il Corriere della Sera, com’è successo a luglio, ciò dovrebbe portare all’aumento di pari entità dell’Euribor, il parametro dei mutui a tasso variabile. Ma martedì, alla notizia delle difficoltà di Credit Suisse, l’Euribor è sceso di 20 centesimi per poi acquisirne 10 il giorno dopo.
L’Eurirs, il parametro del tasso fisso, è sceso di quasi mezzo punto rispetto alla settimana scorsa. Secondo il Corriere questo potrebbe significare che i mercati ritengano pressoché conclusa la politica di rialzo del costo del denaro.
Mutui a tasso variabile
Nel caso dei mutui a tasso variabile, ipotizzando 50 centesimi di aumento, significa che su un nuovo contratto ci saranno 40 euro di rata in più su ogni 100mila euro di debito. Su un mutuo in corso invece, l’aumento dipende sia dal debito restante, sia dal tasso iniziale, sia dalla durata residua. Ma negli ultimi otto mesi il costo degli interessi per chi ha un mutuo a tasso variabile in corso, gli interessi sono aumentato di 400 punti.