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AGI
Negli Usa è stata giustiziata Lisa Montgomery
AGI – Lisa Montgomery è stata uccisa con un’iniezione letale nel carcere di Terre Haute, in Indiana, in esecuzione della pena capitale stabilita nel 2007 da un tribunale del Missouri. Lo riferisce il dipartimento di Giustizia. Lisa Montgomery e’ la prima donna per cui viene eseguita una condanna a morte negli Stati Uniti dal 1953 La Corte Suprema degli Stati Uniti aveva dato il via libera all’esecuzione di Lisa Montgomery, che è diventata così la prima donna a subire la pena capitale negli Usa dal 1953. Con il voto contrario dei tre giudici di orientamento progressista, la Corte ha respinto gli ultimi ricorsi degli avvocati della cinquantaduenne, che nel 2004 aveva ucciso una donna incinta per rubarle il feto. Secondo i legali, Lisa Montgomery era incapace di intendere e di volere a causa delle violenze subite da bambina e non era quindi punibile con la pena di morte. Lunedì un giudice federale aveva ordinato di sospendere l’esecuzione su richiesta della difesa. La Corte Suprema ha poi dato ragione al dipartimento di Giustizia, che aveva fatto ricorso contro la sospensione.
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HuffPost Italia
Gli italiani non capiscono la crisi
Sondaggio Ghisleri per la Stampa: sette su dieci non vogliono andare alle urne. Ipsos per La7: uno su due non ha capito le ragioni. Renzi bocciato
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AGI
Non ricorda la password, ora rischia perdere 220 milioni di dollari in Bitcoin
AGI – Per otto volte ha sbagliato la password d’accesso, che ha dimenticato. Gli restano due tentativi e per Stefan Thomas, programmatore tedesco che vive a San Francisco, non è un problema di poco conto: se dovesse fallire anche le opzioni 9 e 10 perderà per sempre 220 milioni di dollari in Bitcoin, la moneta digitale diventata la forma di investimento preferita dai “nerd”.
La password è quella che permetterebbe al programmatore tedesco di accedere a un “portafoglio elettronico” che gestisce 7.002 Bitcoin, il cui valore è di oltre 34 mila dollari l’uno.
La quotazione è in ribasso ma ancora ben oltre il rialzo del 50 per cento rispetto a un mese fa quando la criptomoneta valeva 20 mila dollari. Il problema è che Thomas ha perso, anni fa, il foglio dove aveva scritto la password per accedere alla sua personale IronKey.
La “chiave” concede nove possibilità di sbagliare, alla decima blocca per sempre l’accesso. E addio soldi. La misura è stata pensata per neutralizzare i tentativi di hackeraggio, ma niente è previsto per correre in soccorso degli investitori distratti.
“Mi metterò sul letto e proverò a pensarci – ha raccontato al New York Times – poi andrò al computer e farò il nono tentativo. Se non dovesse funzionare, cadrò di nuovo nella disperazione”.
A quel punto gli resterebbe l’ultima chance. Considerata una moneta volatile la cui valutazione sta raggiungendo quote record, Bitcoin ha reso milionari in pochissimo tempo molte persone. Il rovescio della “moneta” è che, essendo tutto digitale e “cripto”, spesso emerge l’inconveniente della parola chiave.
Secondo un’azienda che si occupa di recupero password, la Wallet Recovery Services, di quasi 19 milioni di Bitcoin in giro per il mondo, per un valore complessivo di 140 miliardi di dollari, circa il 20 per cento si è perso nel grande buco nero digitale perché i possessori non si ricordano più la parola segreta usata per accedere al conto. Thomas è in buona compagnia, ma è l’unico che rischia di perdere per sempre 220 milioni di dollari. -
AGI
L’Fbi sapeva che ci sarebbe stata la “guerra” a Washington e informò la polizia
AGI – “L’Fbi ha condiviso con gli altri partner delle forze di sicurezza le molte informazioni di intelligence” ricevute in anticipo circa le possibili violenze a Washington. Lo ha reso noto Steven M. D’Antuono, dell’ufficio Fbi di Washington, in una conferenza stampa, confermando quanto rivelato dal Washington Post, ovvero che l’Fbi aveva diramato un rapporto in cui si avvertiva che alcuni estremisti si sarebbero recati nella capitale il 6 gennaio con piani “di guerra”. Un giorno prima dell’assalto della folla dei sostenitori di Donald Trump a Capitol Hill, l’ufficio del’Fbi in Virginia aveva diramato un avvertimento interno sull’intenzione di alcuni estremisti di recarsi a Washington per compiere violenze e “guerra” aveva anticipato il Washington Post dopo aver visionato il documento che contraddice le dichiarazioni ufficiali sul fatto che la Capitol Hill Police, responsabile della sicurezza dell’edificio sede del Congresso Usa, non avesse responsabilià nella falla di sicurezza che ha permesso l’assalto “imprevedibile”. Il rapporto rivelato dal Washington Post si basa su diversi messaggi che circolavano in rete e dipinge uno scenario preoccupante di piani pericolosi, per esempio che singoli individui che condividevano una mappa dei tunnel del complesso del Campidoglio. Un funzionario dell’Fbi ha spiegato che 45 minuti dopo aver intercettato le conversazioni online, l’ufficio di Norfolk diramò il rapporto condividendolo all’interno del Bureau. Le informazioni contenute nel rapporto furono esposte in un briefing ai funzionari Fbi a Washington, il giorno prima dell’attacco. “La brutalità che ha visto il popolo americano” il 6 gennaio a Capitol Hill, “non sarà tollerata dall’Fbi” ha ribadito D’Antuono che ha promesso un lavoro “h24” per stabilire cosa è successo in quei giorni e per consegnare alla giustizia i responsabili. “Sedizione” e “cospirazione” potrebbero essere tra le accuse di cui dovranno rispondere alcuni dei partecipanti all’attacco al Capitol Hill a Washington, del 6 gennaio scorso. A dirlo è Michel Sherwin, procuratore generale ad interim di Washington, in conferenza stampa. Sherwin ha detto di aspettarsi l’apertura di “centinaia” di casi penali in relazione alle violenze al Campidoglio da parte di sostenitori del presidente Donald Trump. Dal canto suo, D’Antuono ha riferito che il Bureau “ha aperto” oltre 160 fascicoli finora. “È solo la punta dell’iceberg”, ha aggiunto Sherwin, “abbiamo già formulato le accuse per oltre 70 casi e sospetto che arriveranno a essere centinaia”. Mentre i primi arresti per le violenze a Washington erano legati ad accuse minori come il furto, Sherwin ha ora detto che si lavora per perseguire i responsabili di accuse “più significative” come “sedizione e cospirazione”, per cui si rischiano fino a 20 anni di detenzione.
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AGI
Come agisce il vaccino di Moderna che ‘educa’ le difese
AGI – Come quello di Pfizer BioNTech, anche “mRNA1273”, il vaccino sviluppato da Moderna in collaborazione con il National Institute of Allergy and Infectious Diseases ‘(NIAID) diretto da Anthony Fauci, è a base di Rna. Si tratta di una tecnologia particolarmente innovativa che vede il suo debutto ufficiale proprio con i vaccini anti Sars-CoV2 e che è stata inserita tra quelle finaziabili dal Biomedical Advanced Research and Development Authority (Barda).
Il vaccino, le cui prime 47mila dosi sono arrivate oggi in Italia, contiene istruzioni genetiche per costruire una proteina del coronavirus, nota come spike. Quando viene iniettato nelle cellule, il vaccino fa sì che queste producano proteine che poi vengono rilasciate nel corpo e provocano una risposta dal sistema immunitario.
Nel corso delle sperimentazioni, che sono state condotte su un campione di 30.000 persone arruolate il 22 ottobre 2020 negli Stati Uniti, i ricercatori hanno somministrato due dosi di vaccino a distanza di 28 giorni l’una dall’altra. Il vaccino ha dimostrato di essere molto efficace nel contrastare le infezioni da Sars-CoV 2 (il 94,5 per cento) e di inibire ogni forma grave della malattia con un’efficacia del 100 per cento.
Lo sviluppo del vaccino ha visto coinvolti due distinti gruppi di ricerca: uno pubblico, presso l’NIAD, guidato da Kizzmekia Corbett che ha messo a punto la strategia e ha caratterizzato sotto il profilo molecolare il target verso il quale rivolgere il vaccino – la proteina Spike del virus -, e uno privato, presso la start-up biotecnologica Moderna guidato da Melissa Moore e con il contributo di Michelle Lynn Ann che ha permesso di mettere a punto gli algoritmi necessari per disegnare con precisione la molecola di Rna cuore del vaccino.
Le tappe della sperimentazione
I primi decisivi test, quelli cioè che hanno valutato la sicurezza del vaccino sono stati invece condotti sotto la supervisione di un’altra donna, Lisa A. Jackson del Kaiser Permanente Health research Center di Washington.Il primo lotto clinico, finanziato dalla Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, è stato completato il 7 febbraio 2020, meno di un mese dopo la pubblicazione delle sequenze genetiche del virus Sars-CoV 2 da parte dei ricercatori cinesi ed è stato spedito al National Institutes of Health (NIH) il 24 febbraio, 42 giorni dalla selezione della sequenza.
La prima dose di vaccino è stata somministrata il 16 marzo, 63 giorni dalla selezione della sequenza, al primo volontario che ha partecipato allo studio di fase 1 condotto da NIAID.
Quindi il 12 maggio la FDA ha concesso la designazione Fast Track del vaccino Moderna COVID-19 e il 29 maggio, è iniziato lo studio di fase II su pazienti due distinti coorti di pazienti: una con età tra i 18 e i 55 anni, (circa 300 persone) e una, sempre di 300 persone, di anziani con età pari o superiore ai 55 anni.
L’8 luglio, lo studio di fase 2 ha completato l’arruolamento.
I risultati delle sperimentazioni sono stati via via pubblicati sulla rivista peer review New England Journal of Medicine.
Il 30 novembre Moderna ha annunciato l’analisi di efficacia primaria dello studio di fase 3 del vaccino condotto su 196 casi. Lo stesso giorno ha anche reso noto di aver presentato istanza di autorizzazione all’uso di emergenza presso la FDA statunitense e un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionale (CMA) presso l’Agenzia europea per i medicinali.
I test sugli adolescentiIl 10 dicembre Moderna ha iniziato il reclutamento per la sperimentazione del vaccino anche per gli adolescenti con età compresa tra i 12 e i 18 anni. Il 18 dicembre la FDA ha autorizzato l’uso d’emergenza del vaccino Moderna Covid-19 in individui di età pari o superiore a 18 anni.
La scorsa settimana il via libera in Europa dell’Ema, e poi dell’Aifa nel nostro Paese. Il vaccino è stato ampiamente sostenuto dai fondi pubblici americani. In primo luogo dal programma Barda, che ha garantito una copertura di 955 milioni di dollari che sono andati a finanziare tutti i costi sostenuti per la sperimentazione a cui si aggiungono altri 1.525 milioni di dollari del governo federale per l’acquisto e la fornitura di 300 milioni di dosi di vaccino. -
AGI
Un altro wrestler rischia di essere giustiziato in Iran
AGI – Il regime iraniano è pronto a giustiziare un secondo wrestler pochi mesi dopo aver impiccato l’atleta Navid Afkari, nonostante le richieste internazionali di clemenza. Il suo nome è Mehdi Ali Hosseini, ha 29 anni, ed è stato arrestato nel 2015 con l’accusa di omicidio a seguito di una rissa di gruppo: potrebbe essere giustiziato a breve perché la famiglia della vittima si è rifiutata di perdonarlo.
Ali Safavi, un funzionario del comitato per gli affari esteri del Consiglio nazionale della resistenza iraniana con sede a Parigi, è stato molto duro: ”Condanniamo fermamente la dittatura religiosa al potere per la sua volontà di giustiziare” Hosseini. “Siamo contrari alla pena capitale per principio.
Il regime clericale utilizza le esecuzioni come mezzo per instillare un’atmosfera di terrore e intimidazione nella società, nel tentativo di contrastare lo scoppio di rivolte da parte di una popolazione sempre più arrabbiata e scontenta, che vorrebbe un cambio di regime”.
“Queste esecuzioni vengono attuate in palese violazione degli standard riconosciuti a livello internazionale, compreso il principio del giusto processo”, ha poi precisato. Anche il collega wrestler iraniano e campione olimpico di Londra 2012 Hamid Sourian ha chiesto l’annullamento dell’esecuzione.
Ma quello di Hosseini non è il primo caso. Nel settembre 2020, Afkari, 27 anni, è stato condannato a morte nella città iraniana meridionale di Shiraz. Teheran lo ha accusato di aver ucciso un dipendente del dipartimento dell’acqua durante le proteste anti-governative dell’agosto 2018.
Il regime ha trasmesso una confessione di Afkari la scorsa settimana per sostenere la sua decisione. Ma attivisti per i diritti umani hanno affermato che è stata una confessione forzata ottenuta dopo che Afkari aveva subito gravi torture.
Safavi ha infatti confermato che “i prigionieri vengono regolarmente e brutalmente torturati per estorcere confessioni e ciò aiuta a preservare il regime medievale al potere”. “Il silenzio e l’inazione internazionale hanno incoraggiato il regime a intensificare queste esecuzioni criminali”, ha poi ribadito.
Le voci di dissenso contro il regime sono numerose. Cameron Khansarinia, direttore politico per l’Unione nazionale per la democrazia in Iran un’organizzazione apartitica iraniano-americana ha precisato che “il regime dovrebbe essere bandito da tutte le attività sportive olimpiche e internazionali fino a quando non smetterà di uccidere atleti”.
Altri lottatori iraniani decorati hanno esortato il regime religioso a non giustiziare Hosseini, compreso Ali Ashkani, l’attuale allenatore della squadra di wrestling greco-romana iraniana. Saeid Abdoli, che ha vinto una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Rio ed è un ex campione del mondo di wrestling e Mohammad Talaei, l’ex campione del mondo di wrestling freestyle.
Anche Rob Koehler, direttore generale dell’organizzazione sportiva per la difesa dei diritti umani Global Athlete, ha fatto notare come sia “grave” che il Comitato Olimpico internazionale (CIO) “continui a non agire contro l’Iran”.
“La loro disponibilità a stare a guardare mentre gli atleti vengono imprigionati, torturati e giustiziati non può più essere tollerata. Il CIO e l’United World Wrestling devono agire ora”. Il compagno e allenatore Habibollah Akhlaghi di Hosseini così invece lo ha ricordato: “Quando ho iniziato a lottare, Hosseini ha lottato con mio fratello minore nella stessa fascia di età, ed è davvero un lottatore buono, morale e ama il wrestling”. -
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La crisi può attendere
Il cdm approva il Recovery, le ministre Iv si astengono ma le dimissioni sono rinviate
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Nuovo record di contagi in Cina. Mai così tanti da luglio
AGI – Nuovo record di contagi da Covid-19 in Cina, che nelle ultime 24 ore (mercoledì 13 gennaio) registra 115 nuovi casi accertati, il valore più alto dal 30 luglio scorso, più che raddoppiando i contagi segnalati il giorno precedente (55).
Quasi tutti i nuovi contagi sono sviluppati internamente (107) e solo otto sono provenienti dall’estero: la situazione più preoccupante rimane quella dello Hebei, la provincia nord-orientale che confina con Pechino, dove si contano 90 contagi accertati, mentre altri sedici casi confermati sono stati rilevati nella provincia nord-orientale dello Heilongjiang.
Da martedì 12 gennaio, sono tre le città dello Hebei sottoposte a lockdown per il contenimento dell’epidemia, tra cui il capoluogo provinciale di Shijiazhuang, per un totale di 22 milioni di persone sottoposte a restrizioni. Oltre ai casi accertati, ci sono anche 38 contagi asintomatici, conteggiati a parte dalla Commissione Nazionale per la Sanità cinese, in calo rispetto agli 81 di ieri. In totale, dall’inizio dell’epidemia, i contagi da Covid-19 in Cina sono 87.706, mentre il numero di decessi rimane fermo a quota 4.634.
Altri 5 milioni di cinesi in lockdown
La provincia nord-orientale cinese dello Heilongjiang ha dichiarato lo stato di emergenza per la diffusione del contagio da Covid-19, e gli abitanti di una sua città, Suihua, che conta 5,2 milioni di abitanti, sono stati messi in lockdown. Le autorità provinciali dello Heilongjiang hanno ordinato ai residenti di non lasciare la provincia, se non in caso di assoluta necessità, e hanno cancellato eventi pubblici.
Nonostante la Cina abbia ampiamente contenuto la diffusione del contagio, focolai sparsi si sono verificati in diverse aree del Paese, e la situazione attuale impensierisce le autorità sia per la crescita delle infezioni alle porte della capitale, sia per la vicinanza con le festività del capodanno lunare, in cui è atteso un numero di viaggi all’interno del Paese minore del normale, proprio a causa dell’ultima ondata di contagi.
Oltre a Suihua sono state poste in lockdown, finora, anche altre tre città nello Hebei, dove si è verificato il focolaio più esteso. In totale, a oggi, sono oltre 28 milioni in Cina le persone sottoposte a restrizioni negli spostamenti per il contenimento dell’epidemia.
Parigi, scomparsa la studentessa modello del Senegal: la polizia indaga

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