
Nel 2023 la moda è destinata a un rallentamento globale: la combinazione della guerra in Ucraina iniziata a febbraio che ha innescato una crisi energetica in tutta Europa, dell’aumento dell’inflazione e delle pressioni sulla catena di approvvigionamento sta creando un quadro desolante per l’industria del fashion, per la quale si prospetta un anno difficile, tanto che il 56% dei dirigenti del settore si aspetta che le condizioni peggiorino nel 2023.
È quanto emerso dalle settima edizione del rapporto sullo stato del sistema moda ‘The State of Fashion 2023’ realizzato da McKinsey & Company e The Business of Fashion. L’analisi si basa su interviste esclusive con i massimi dirigenti del settore e un sondaggio tra manager ed esperti di moda internazionali, fornendo una visione autorevole su ciò che si prospetta per il comparto.
McKinsey e BoF prevedono che il Medio Oriente e il Nord America avranno il più alto potenziale di crescita nel 2023, considerato che i dirigenti renderanno meno prioritari gli investimenti in Paesi come la Cina nel breve termine. Inoltre, il settore sarà sostenuto dal lusso, con le vendite globali di questa categoria che dovrebbero crescere fino al 10% nel 2023, rispetto al +3% del resto dell’industria.
Il rapporto rivela dunque che il settore è diretto verso un rallentamento globale. Un peccato, visto che l’industria della moda ha registrato una forte ripresa dopo la pandemia, con ricavi globali del settore cresciuti del 21% su base annua nel 2021, saliti ancora del 13% nel primo semestre del 2022. Tuttavia, difficoltà senza precedenti hanno intaccato i guadagni e rallentato i progressi nel corso dell’anno, riscontrano McKinsey e BoF. L’85% dei dirigenti della moda prevede che l’inflazione continuerà a essere una sfida il prossimo anno e il 58% ritiene che la crisi energetica indebolirà ulteriormente il mercato. Si prevede che la crescita del pil globale rallenterà a circa il 2,2% nel 2023 e che la minaccia di una recessione incomba su molte delle principali economie.
Eppure, nel generale rallentamento, il report intravede alcune positività e opportunità. Le vendite della moda di lusso dovrebbero crescere a livello globale tra il 5% e il 10% nel 2023, rispetto a una forbice tra un -2% e un +3% del resto del settore. Inoltre, le aziende della moda sono state in grado di costruirsi fondamenta solide nel 2021 e nella prima metà del 2022, mentre la percentuale di imprese ‘value destroying’ (quelle che generano un profitto economico negativo) è ora al minimo dal 2013.
I brand sono sotto pressione, perché nel 2023, coi suoi presupposti tutt’altro che rosei, dovranno rimanere attraenti per i consumatori nonostante molti di essi siano stati costretti dall’incrementato costo della vita a modificare, se non cambiare radicalmente, le abitudini di spesa. Si pensi, notano McKinsey e BoF, che quasi tre quarti dei consumatori statunitensi hanno cercato marchi low cost o prodotti a basso prezzo tra aprile e luglio 2022, mentre le famiglie a basso reddito cercheranno di ridurre o persino eliminare la spesa discrezionale per articoli come la moda, e molti consumatori probabilmente acquisteranno presso negozi che praticano forti sconti.
Sempre secondo il report, il panorama economico incerto porterà le aziende del fashion a rivalutare le aree geografiche in cui operano. Si prevede che l’economia in Cina, a lungo considerata un motore di crescita del settore, rallenterà nel 2023, con un aumento del pil di appena il 3,2% rispetto al +8,1% del 2021, portando alcuni dirigenti della moda a cercare opportunità altrove.
Nell’identificare mercati con prospettive di crescita uguali o più promettenti nel 2023 rispetto all’anno precedente, l’88% dei dirigenti cita il Medio Oriente. Si prevede che il mercato del lusso nel Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) genererà 11 miliardi di dollari di vendite nel 2023, con il 60% della spesa di lusso tra i consumatori del GCC che si verifica a livello nazionale. Inoltre, è previsto che il 50% dei dirigenti della moda aumenterà la diffusione delle proprie aziende in Nord America il prossimo anno. La vendita al dettaglio negli Stati Uniti dovrebbe chiudere il 2022 con le vendite ai massimi degli ultimi 20 anni. Nel frattempo, Giappone e Corea del Sud rinnovano la loro reputazione di affidabili motori di crescita nella regione Asia-Pacifico.
Ma per il rapporto annuale di McKinsey e BoF sarà importante anche affrontare il greenwashing, per evitare il quale emergono normative nuove, che puntano a decisioni d’acquisto più informate. Ad esempio, in Francia la nuova legislazione prevista per il 2023 richiederà ai marchi di etichettare abbigliamento e tessuti che mostrino il “punteggio” ambientale di ciascun articolo. Il 79% dei dirigenti della moda cita a tale proposito la mancanza di standard a livello di settore che li aiutino a valutare le loro prestazioni di sostenibilità come il più grande ostacolo nel migliorare il modo in cui i consumatori percepiscono i loro sforzi.
Fra gli altri temi destinati a plasmare l’industria della moda nel 2023, il report cita la costruzione di un’attività Direct-to-Consumer online redditizia, visto che i costi del marketing digitale stanno aumentando man mano che i tassi di crescita dell’e-commerce si normalizzano dopo i massimi della pandemia. Un terzo dei dirigenti del comparto lo citano come uno dei temi principali sul tavolo. Inoltre il 65% di loro sta prendendo in considerazione il nearshoring, per creare nuovi hub dedicati a servire i propri mercati di consumo nazionali, con la digitalizzazione vista come fattore più importante di crescita per i propri fornitori il prossimo anno. I manager apicali del settore sono inoltre preoccupati per la crisi dei talenti. Addirittura il 90% dei dirigenti della moda prevede che emergerà una carenza di competenze nelle proprie organizzazioni nel 2023. Visto che l’istruzione e la formazione generano un ritorno sull’investimento tra due volte e mezzo e tre volte superiore rispetto al reclutamento, notano gli autori dell’indagine, i dirigenti del fashion ritengono sia il caso di investire nelle carenze di competenze nella forza lavoro esistente.
Infine, la moda fluida: visto che metà dei consumatori della Gen Z ha acquistato capi di abbigliamento al di fuori della propria identità di genere nel 2022, i brand dovranno ripensare processi e operazioni aziendali per attingere a questa evoluzione nei gusti. Inoltre ci sarà il ritorno al formalwear, ma reinventato, con un 39% dei dirigenti della moda che indica quella degli abiti da sera come una delle prime tre categorie in crescita nel 2023.
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