
L’esilio a Parigi, il ritorno in Italia, il sostegno all’Ucraina fino alle dimissioni. Abbandonato dal suo partito, ha vissuto gli ultimi mesi da sequestrato
Roma. Ricordo che si dondolava. Enrico Letta usava la sedia come un’altalena. Non so se lo disse ma posso garantire che lo pensava: “Fare il segretario del Pd è come da bambini. Se lasci la presa dell’altalena cadi, ma una volta caduto corri libero per il mondo”. Sapevano tutti che sarebbe stato sconfitto da Giorgia Meloni. Era il più simpatico perdente che avessi mai incontrato. Era la prima volta che intervistavo il segretario di un grande partito. Mi avrebbe dedicato un’ora del suo tempo. In segreteria, al Nazareno, quando entrai, sembrava di stare in un ospedale. C’era odore di ricovero.
Tutto era lindo e silenzioso. Mi immaginavo ragazzi ubriachi ballare sui tavoli e invece c’era la pace del camposanto. Un anno prima, Nicola Zingaretti aveva lasciato la segreteria del Pd. Diceva che si sentiva come un San Sebastiano: “Ricevo frecce da tutti”. Frecce, pugnali. Anche Letta era stato maltrattato. Veniva canzonato per il suo esilio a Parigi. Prima che Dario Franceschini lo recuperasse (dicono che sia stata una sua idea: “Chiamiamo Enrico, Enrico!”) di…