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Vento di ripartenza per le aziende del lusso nei primi nove mesi del 2022. Che l’anno sarebbe stato ambivalente era noto fin dal principio, teso tra la spinta della ripresa post-Covid e le criticità della nuova congiuntura macroeconomica. Ma il lusso si è mostrato resiliente, ben più di altre filiere produttive: sul fronte dei fatturati, i nove mesi del fiscal year hanno evidenziato, per il campione di dieci aziende preso in esame da Pambianconews, una generale crescita double digit (anno su anno) che ha interessato tutte le aziende luxury coinvolte. Complessivamente la decina che compone il cluster ha evidenziato una crescita del 24,8%, che in valore corrisponde a oltre 103 miliardi di euro.

Alla base dei rialzi sembrano esserci il riprendere quota dei consumi, il ritorno dello shopping tourism e il, sebbene graduale e altalenante, risveglio della Cina, dopo la totale paralisi della parentesi pandemica. Guardando al fronte statunitense, ha giocato a favore delle performance finanziarie l’influenza del super-dollaro, con il conseguente riversarsi dei turisti d’oltreoceano nel Vecchio continente.

Guardando alla top ten, non stupisce che a regnare incontrastati sui ricavi siano i colossi d’Oltralpe, con Lvmh in prima linea grazie a una crescita del 28% nei nove mesi del 2022 e vendite complessive pari a circa 56,5 miliardi di euro. Seguono a ruota Kering, in rialzo del 23,1% nel periodo nonostante il rallentamento dell’ammiraglia Gucci, ed Hermès, balzata in avanti del 30,4% proprio grazie al traino del fronte cinese. Ma la maison di Parigi, così come molte sue competitor, non ha potuto che optare anche per uno strategico quanto inevitabile aumento dei prezzi, in risposta all’incremento dei costi e alle fluttuazioni valutarie.

A caratterizzare i primi tre trimestri del 2022, infatti, ma a ben guardare l’intero anno passato e persino questa prima parte di 2022, sono stati il tema dei rincari e della scarsità delle materie prime, la crisi della supply chain, che ha ostacolato gli approvvigionamenti e gli apparati logistici di tutte le filiere, e dell’energia. Sullo sfondo, il conflitto Russia-Ucraina che ha scompaginato gli equilibri dello scacchiere mondiale.

In Italia, è EssilorLuxottica a mettere a segno i ricavi maggiori, con una crescita del 15,5% che l’ha portata a quota 18,3 miliardi di euro di fatturato. Il traino sembra essere stato il balzo dell’Asia-Pacifico, che ha alimentato la corsa del terzo trimestre. Dinamica simile per la Moncler di Remo Ruffini, spinta nei nove mesi (+32,2%) dalla ripresa di Europa e Asia, e Zegna, che nel periodo ha superatoil tetto del miliardo di euro.

Intanto, per Ferragamo l’Ex Celeste Impero si rivela ancora poco impattante mentre incidono positivamente Europa e Nord America su nove mesi in crescita del 17,2% a 921 milioni di euro.

L’impatto valutario incide invece per Tod’s, che nel periodo in questione ha realizzato un fatturato di 724,9 milioni di euro, in progresso del 16,4% rispetto ai primi nove mesi del 2021. Cruciale la stagione estiva, durante la quale hanno dimostrato dinamicità Europa e Italia in particolare e un rallentamento, invece, l’America. Ancora lievi i segni di ripresa della Greater China.

Infine, il gruppo Aeffe ha chiuso i tre quarter a +10,8% anno su anno, con una crescita diffusa in tutte le aree geografiche, fatta eccezione per il Far East.

Conferma la prospettiva di ripresa, sebbene in chiaroscuro, Alessio Candi, Responsabile delle divisioni Consulting ed M&A in Pambianco: “Anche il 2022 per i grandi gruppi del lusso è stato un anno di crescita a doppia cifra, continuando il trend già avuto nel ’21 dopo il Covid. Il lusso sta beneficiando della continua polarizzazione delle ricchezze e dei consumi, dove i clienti di fascia alta non sono influenzati dalla flessione dei consumi e continuano a spendere, in molti casi vedendo questi beni anche come investimento, basta pensare all’esplosione e ai prezzi del reselling. Dall’altro lato l’industria del lusso si è fino ad ora dimostrata indenne anche dalle dinamiche inflattive, con tutti i top brands che hanno alzato i prezzi, scaricando sui consumatori gli aumenti dei costi e contemporaneamente alzando anche i propri fatturati. Tutto questo con un mercato cinese (che vale circa il 50% del mercato) ancora convalescente”.

Riguardo al 2023, prosegue ottimista Candi: “Se, come sembra, la situazione in Cina si normalizzerà, ci aspettiamo per il 23 un anno di ulteriore crescita per il settore”.

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