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La maggioranza di destra contro il governo Meloni, almeno per la raffica di emendamenti presentati al decreto Pnrr, in esame nella commissione bilancio del Senato. In totale sono state depositate 952 proposte di modifica e più della metà, esattamente il 56 per cento, è firmata da parlamentari dei gruppi del centrodestra.

L’ipotetico podio è costituito proprio dai principali soggetti della maggioranza. Fratelli d’Italia ha presentato 196 emendamenti, Forza Italia è arrivata a 167, la Lega a 151, mentre solo 23 portano la firma di senatori del raggruppamento Civici d’Italia-Noi Moderati-Maie, per un totale di 537.

Il Pd, che pure è secondo come consistenza del gruppo a Palazzo Madama, si è fermato a 140, il Movimento 5 stelle è a quota 79. Si segnala l’attivismo del Terzo polo con 87 proposte di modifiche anche più del Misto, che include i senatori dell’Alleanza verdi sinistra, attestato a 83.

Centrodestra contro se stesso

I numeri svelano che a voler metter mano al provvedimento è principalmente il centrodestra, che sostiene l’esecutivo. Tra gli emendamenti non mancano iniziative singolari. Uno dei protagonisti è il senatore di Forza Italia, Claudio Lotito, che da eletto nella circoscrizione Molise ha a cuore il territorio.

Così vuole rateizzare in 10 anni, a cominciare dal 2023, il disavanzo della regione che alla fine del 2022 era quantificato in 493 milioni di euro. Non è il primo tentativo in tal senso: l’esponente forzista aveva già presentato un emendamento del genere al Milleproroghe.

In quel caso si prevedeva addirittura un lasso di 30 anni per spalmare il debito. Un’operazione che risulterebbe senza dubbio gradita all’attuale presidente della regione Molise, Donato Toma, dello stesso partito di Lotito, proprio a pochi mesi dalle elezioni, calendarizzate il prossimo 25 e 26 giugno. Non se ne fece nulla e così Lotito ci riprova. Il senatore, però, non si ferma al debito. Nel pacchetto di proposte inserisce anche il finanziamento di 21 milioni di euro per la diga di Ripaspaccata in agro, nel comune di Montaquila (Isernia), provando ad attingere da un fondo della legge di bilancio. E sempre dallo stesso plafond vuole ottenere altri 10 milioni di euro per contrastare i fenomeni intensi di erosione costiera molisani.

Negazionismo climatico

Tra le iniziative con una precisa localizzazione geografica, spicca quella di Fratelli d’Italia, a prima firma Luca De Carlo, per concedere una deroga alle assunzioni al comune di Cortina d’Ampezzo e agli altri interessati dall’Olimpiade invernale del 2026.

Secondo il parlamentare del partito di Giorgia Meloni, fino all’anno dell’evento, deve essere eliminato il tetto di spesa per contrattualizzare lavoratori a tempo. L’altro senatore di Fdi, Andrea De Priamo, da ex consigliere al Campidoglio, punta a mettere sul piatto dieci milioni di euro per «la riqualificazione ambientale nonché sportiva dell’area denominata Città del rugby», a Spinaceto, periferia della capitale.

Un emendamento di Guido Quintino Liris, invece, dimostra la volontà di eliminare, almeno dal punto di vista lessicale, il problema legato al contrasto alle emissioni inquinanti. Dalla definizione il «Comitato centrale per la sicurezza tecnica della transizione energetica» viene cassata la successiva dicitura «per la gestione dei rischi connessi ai cambiamenti climatici». Solo parlare di mutamento del clima è un problema.

Ancora per mano di Liris si propone di ridurre gli spazi dei marciapiedi ai pedoni. Pur di dare spazio agli «armadi stradali funzionali all’installazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultra larga», Fratelli d’Italia ipotizza una deroga ai 2 metri di larghezza attualmente previsti.

Caso Blangiardo

Ma per il centrodestra c’è un altro problema connesso allo stesso provvedimento: gli affanni per confermare Gian Carlo Blangiardo alla presidenza dell’Istat.

Nel decreto Pnnr è stata inserita una norma ad hoc che garantisce ai dirigenti in pensione di restare al proprio posto, in deroga alla legge Madia. Sembrava tutto fatto, solo che c’è un passaggio parlamentare sottovalutato dalle destre: il via libera al parere in commissione Affari costituzionali, in cui occorre la maggioranza qualificata dei due terzi. Sono 20 voti su 30 componenti a Montecitorio. 

Le minoranze contano 13 eletti e ha definito una strategia comune contro la nomina. «Dobbiamo cercare i voti tra le opposizioni», hanno ammesso dalla maggioranza. «Gli accordi non li facciamo in commissione ma a livello politico più alto», ha detto Igor Iezzi della Lega. Così, per temporeggiare, la prossima settimana Blangiardo sarà audito a Montecitorio.

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