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Roma, 23 gen – Quando si pensa al Giappone, la mente va subito alla forte etica tradizionale che il Paese orientale ancora custodisce. Valori oggi reputati antiquati da gran parte del mondo occidentale, ma che in realtà si fondono con una modernità che trova il popolo del Sol levante tra i più tecnologici al mondo. Forse, però, l’accelerazione in ambito tecnologico che il Giappone ha avuto negli ultimi decenni, ha portato lo stesso ad un modello di vita, quello occidentale capitalista, che ora inizia a presentare il suo conto alle famiglie nipponiche. Il primo ministro Fumio Kishida, infatti, afferma che la società giapponese è sull’orlo di una crisi sociale senza precedenti a causa del calo del tasso di natalità.

“Ora o mai più”

Il Giappone conta 125 milioni di abitanti, ma questi numeri sono destinati a precipitare vertiginosamente. L’anno scorso, infatti, il Paese ha visto nascere meno di 800.000 bambini mentre, negli anni ’70, la cifra superava i due milioni di neonati. C’è da dire, però, che questo non è un problema che riguarda unicamente il Giappone; senza spostarci nella già sterile Europa, i tassi di natalità stanno rallentando in molti paesi asiatici vicini al Giappone. “Il Giappone è sul punto di non poter continuare a funzionare come società – ha dichiarato il primo ministro Kishida ai legislatori – Focalizzare l’attenzione sulle politiche riguardanti l’infanzia e l’educazione dei figli è un tema che non può aspettare e non può essere rimandato”. Kishida ha ordinato al governo di raddoppiare la spesa dei programmi per l’infanzia, annunciando una nuova agenzia governativa per concentrarsi sulla questione, che sarà istituita ad aprile.

Non immigrazione ma aiuti alla natalità

Ma il problema è particolarmente acuto in Giappone poiché l’aspettativa di vita è aumentata negli ultimi decenni, il che significa che c’è un numero crescente di persone anziane e un numero in calo di lavoratori per sostenerli. In Europa, da oltre un decennio, i “grandi strateghi” della politica del calcolo utopico, affermano che per superare la crisi demografica i Paesi europei devono riempirsi di immigrati – forza lavoro. Ma abbiamo visto come sta andando a finire con una situazione di caos sociale e culturale unico nella storia d’Occidente. Il Giappone, però, negli anni ha continuato ad applicare rigide leggi sull’immigrazione e, i soliti esperti del meticciato globale, ora affermano che in Giappone le regole dovrebbero essere ulteriormente allentate per aiutare ad affrontare l’invecchiamento della società. Secondo i dati della Banca mondiale, dopo il minuscolo stato di Monaco, il Giappone ha ora la seconda percentuale più alta al mondo di persone di età pari o superiore a 65 anni – circa il 28% della popolazione.

Il fallimento della società capitalista

Nel 2020, i ricercatori avevano previsto che la popolazione giapponese scenderà da un picco di 128 milioni nel 2017 a meno di 53 milioni entro la fine del secolo. Stando ai dati ufficiali, la popolazione è attualmente poco meno di 125 milioni. Come avvenuto anche in Italia e in gran parte dei Paesi europei, il calo dei tassi di natalità è determinato da una serie di fattori direttamente legati alla società moderna di stampo capitalista. Aumento del costo della vita, più donne nell’istruzione e nel lavoro, sogni di carriera e bella vita che allontanano le “arcaiche” mire della famiglia tradizionale, nonché un maggiore accesso alla contraccezione, che porta le donne a scegliere di avere meno figli. Attribuire dunque unicamente al laborioso popolo giapponese il proprio declino demografico, è secondo noi in netto contrasto con la realtà. Il Giappone, oggi, rappresenta piuttosto l’ennesima conferma del fallimento della società del capitale e del consumo che mira a snaturare la società tradizionale, minandola direttamente alle sue radici quali: famiglia, patria e sacrificio.

Andrea Bonazza

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