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Trump usa ‘Gloria’ e Umberto Tozzi si arrabbia
Donald Trump usa ‘Gloria’ e Umberto Tozzi si arrabbia. Mercoledì 6 gennaio, nel comizio che ha preceduto l’assalto al Congresso, gli altoparlanti hanno diffuso le note della canzone incisa dall’artista italiano nel 1979. A Washington, prima dell’intervento di Trump dal palco, è stata proposta la cover cantata da Laura Branigan. Il brano, registrato nel 1982, è arrivato al secondo posto nella Hot Billboard 100 ed è rimasto per 36 settimane in classifica: un record per una cantante solista. Tozzi, però, non gradisce che la canzone venga accostata ad una giornata di violenza e caos. “Mi hanno mostrato un video in cui una delle mie canzoni più famose e a cui tengo di più è stata usata in azioni di inaudita violenza da Donald Trump e dal suo staff -dice in un video su Twitter-. Io sono notoriamente un artista e una persona che nel pubblico e nel privato ha sempre preferito l’amore alla violenza. Nelle mie canzoni e anche in Gloria canto la bellezza della vita, per questo mi dissocio e in qualità di autore sono pronto a difendere le origini e i principi di questa canzone”.
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Usa, Senato si prepara a impeachment anche dopo fine mandato Trump
Se la Camera la prossima settimana voterà il secondo impeachment nei confronti di Donald Trump, il Senato non potrà accogliere gli articoli contro il presidente prima del 19 gennaio, cioè alla vigilia dell’insediamento di Joe Biden, cosa che significherebbe che il processo potrebbe iniziare dopo la fine del mandato di Trump. E’ quanto emerge da un memo fatto circolare tra i senatori dall’ufficio di Mitch McConnell, il repubblicano che con ogni probabilità non sarà più il leader della maggioranza per quella data, dopo l’insediamento, previsto appunto per il 19 gennaio, dei nuovi senatori democratici della Georgia, Raphael Warnock e Jon Ossoff. Per quanto il Senato si riunirà anche la prossima settimana, il 12 e il 15 gennaio, McConnell insiste nel suo memo, di cui il Washington Post ha ottenuto una copia, che “il consenso di tutti i 100 senatori è necessario per iniziare a valutare qualsiasi articolo di impeachment”. Il repubblicano quindi appare ben lieto di lasciare a Chuck Schumer, il democratico che diventerà leader della maggioranza, il compito di gestire l’eventuale processo di impeachment, che rischia di diventare un ingombrante presenza dei primi giorni della presidenza Biden. Nel memo di McConnell, che non ha discusso delle procedure con Schumer, assicurano dal suo ufficio, si abbozza quindi uno scenario da processo lampo in cui appunto il Senato riceve il 19 gennaio il messaggio della Camera con la nomina dei manager dell’impeachment, che avranno il compito di illustrare i capi di accusa. Questo potrà avvenire il 19 stesso il giorno dopo il 20, lo stesso giorno dell’insediamento di Biden. Sempre il 20 o il 21 gennaio, il Senato prenderà in considerazione gli articoli di impeachment alle ore 13 ed iniziare così ufficialmente il processo. “Il processo del Senato potrebbe iniziare quindi dopo la fine del mandato di Trump, o un ora dopo la fine il 20 gennaio o 24 ore dopo la il 21 gennaio”, si legge nel memo. Il giuramento di Biden sarà il 20 alle 12 e quindi da quel momento Trump cesserà di essere presidente. C’è anche la questione di chi esattamente dovrà presiedere il processo di un ex presidente. Le regole del Senato richiedono che sia il giudice capo della Corte Suprema, e infatti John Roberts ha presieduto il processo a Trump dello scorso anno. Ma “non è chiaro”, si legge ancora sul memo, se debba essere sempre lui a presiedere nel caso che Trump non sia più presidente.
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AGI
Il mistero dei coniugi scomparsi a Bolzano, ancora nessuna traccia
AGI – È avvolta nel mistero la scomparsa della coppia di coniugi a Bolzano: Laura Perselli, 68 anni, insegnante in pensione e suo marito Peter Neumair, 63 anni. Di loro non si hanno più notizie dalla serata di lunedì 4 gennaio quando i loro telefoni cellulari hanno cessato di funzionare e soprattutto non sono più tornati a casa.
Le ricerche continuano con le squadre di vigili del fuoco accompagnati da cani molecolari, soccorso alpino, carabinieri. Battute le zone di ponte Roma perché una cella telefonica aveva agganciato il numero del cellulare della donna ma anche le Passeggiate del Talvera e di Sant’Osvaldo – compresa la zona dove martedì pomeriggio era caduta la frana che ha distrutto buona parte dell’albergo Eberle – che la coppia frequentava per passeggiate anche in ore serali. Nelle ultime ore si cerca anche nelle zone di Laives e Vadena, a sud di Bolzano
Le testimonianze parlano di coppia affiatata con la passione sia per la natura che per i viaggi e che mai avrebbero lasciato la città senza informare quantomeno i figli. Nel frattempo emergono alcuni dettagli.
La signora Perselli nel tardo pomeriggio di lunedì aveva fatto visita all’anziana madre che da qualche ora era stata dimessa dall’ospedale cittadino. La donna a casa della madre 96enne avrebbe incontrato anche la sorella Carla alla quale avrebbe detto che sarebbe rientrata a casa in bicicletta perché si “sentiva stanca”. Il mezzo è stato ritrovato regolarmente parcheggiato all’interno della casa residenziale di via Castel Roncolo dove vive con il marito Peter. Circa l’effettivo rientro a casa della donna, però, non ci sono conferme.
L’ultimo accesso all’applicazione Whatsapp di Laura Perselli risale alle 18,46 di lunedì. I carabinieri nel frattempo hanno acquisito i filmati delle telecamere comunali dislocate in città. A denunciare la scomparsa dei genitori era stato nel pomeriggio di martedì 5 gennaio il figlio convivente con la coppia, Benno, di 30 anni. Lo stesso ha riferito che la notte tra il 4 e il 5 ha pernottato presso un’amica che a sua volta ha confermato l’effettiva presenza del giovane. La coppia scomparsa ha anche una figlia, Madè di 26 anni, laureata in medicina a Innsbruck e specializzanda in ortopedia all’Università di Monaco di Baviera. -
HuffPost Italia
Chi è Joseph Capriati, il dj accoltellato dal padre
Trentatrè anni, deejay e produttore musicale, viveva da anni in Spagna, ma era ritornato a Caserta all’inizio di dicembre nell’abitazione dei genitori a causa della pandemia e dello stop della movida
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Adnkronos
Twitter banna Trump, Navalny: “Censura inaccettabile”
”Penso che bannare Donald Trump da Twitter sia un atto inaccettabile di censura”. Lo afferma il dissidente russo Alexei Navalny sul suo account di Twitter. ”A mio parere, la decisione di bandire Trump” da Twitter à ”basata su emozioni e preferenze politiche personali”, ha aggiunto. ”Non mi si venga a dire che è stato bannato per aver violato le regole di Twitter. Ricevo minacce di morte qui ogni giorno da molti anni e Twitter non bandisce nessuno (non che io lo chieda)”, prosegue il dissidente. ”Questo precedente sarà sfruttato dai nemici della libertà di parola in tutto il mondo. Anche in Russia. Ogni volta che hanno bisogno di mettere a tacere qualcuno, diranno: ‘Questa è solo una pratica comune, anche Trump è stato bloccato su Twitter'”, scrive Navalny in un altro post. A suo avviso è necessario che Twitter formi ”una sorta di comitato che possa prendere tali decisioni. Dobbiamo conoscere i nomi dei membri di questo comitato, capire come funziona, come votano i suoi membri e come possiamo fare ricorso contro le loro decisioni”. Il dissidente russo afferma poi che ”ovviamente Twitter è una società privata, ma abbiamo visto molti esempi in Russia e in Cina di società private che sono diventate le migliori amiche dello stato e li hanno favoriti quando si tratta di censura”. Citando i negazionisti della pandemia in atto, Navalny scrive che ”coloro che hanno negato il Covid-19 esistono liberamente e comunicano su Twitter. Le loro parole sono costate migliaia di vite. Eppure è stato Trump a essere stato bandito pubblicamente e ostentatamente. Tale selettività indica che si è trattato di un atto di censura”. Inoltre ”tra le persone che hanno account su Twitter ci sono assassini a sangue freddo (Putin o Maduro), bugiardi e ladri (Medvedev). Per molti anni Twitter, Facebook e Instagram sono stati usati come base per la “fabbrica di troll” di Putin e gruppi simili di altri paesi autoritari”.
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AGI
Gran parte dei pazienti Covid ha sintomi anche dopo sei mesi
AGI – Più di tre quarti delle persone ricoverate in ospedale per Covid-19 soffrivano ancora di almeno un sintomo sei mesi dopo essersi ammalate, secondo uno studio che evidenzia la necessità di ulteriori ricerche sul effetti persistenti del coronavirus. Stanchezza o debolezza muscolare sono i sintomi più comuni. Sono stati osservati anche disturbi del sonno, ansia o depressione, secondo lo studio, pubblicato sulla rivista The Lancet, che include più di mille pazienti della città cinese di Wuhan. Inoltre, alcuni pazienti hanno sviluppato problemi renali dopo la dimissione dall’ospedale. I pazienti che erano i più gravemente ammalati in ospedale più spesso avevano una funzione polmonare compromessa e anomalie rilevate sull’imaging del torace.
Lo studio ha incluso 1.733 pazienti con Covid-19, di età media 57 anni, dimessi dal Jin Yin-tan Hospital di Wuhan tra gennaio e maggio 2020. Hanno avuto una visita medica tra giugno e settembre e hanno risposto a domande sui loro sintomi e sulla qualità della vita. Sono stati effettuati anche test di laboratorio.
“Poiché il Covid-19 e’ una nuova malattia, stiamo solo iniziando a comprendere alcuni dei suoi effetti a lungo termine sulla salute dei pazienti”, commenta l’autore principale dello studio, il professor Bin Cao del National Center for Respiratory Medicine. Questo lavoro evidenzia la necessità di cure post-dimissione, soprattutto per i pazienti con infezioni gravi. “Il nostro lavoro sottolinea anche l’importanza di condurre studi di follow-up più lunghi in popolazioni più ampie al fine di comprendere l’intero spettro di effetti che Covid-19 può avere sulle persone”, ha aggiunto. Per l’Organizzazione mondiale della sanità, il virus presenta un rischio di gravi effetti duraturi in alcune persone, anche in giovani altrimenti sani che non sono stati ricoverati.
Secondo lo studio, il 76% dei pazienti che hanno partecipato al follow-up (1.265 su 1.655) ha affermato di avere ancora sintomi. Stanchezza o debolezza muscolare è stata segnalata dal 63% di loro, mentre il 26% ha avuto problemi a dormire. Lo studio ha incluso anche 94 pazienti i cui livelli di anticorpi nel sangue sono stati registrati al culmine dell’infezione. Sei mesi dopo, i loro livelli di anticorpi neutralizzanti contro il virus erano diminuiti di oltre la metà. In un commento pubblicato su The Lancet, Monica Cortinovis, Norberto Perico e Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto per le ricerche farmacologiche Mario Negri (Italia), sottolineano l’incertezza sulle conseguenze a lungo termine della pandemia sulla salute. La ricerca multidisciplinare a lungo termine, come quella condotta negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, dovrebbe aiutare a migliorare la comprensione e sviluppare terapie per “mitigare le conseguenze a lungo termine del Covid-19 su diversi organi e tessuti”. -
AGI
L’assassino di Gudeta ha confessato. È un operaio ghanese
AGI – Uno stipendio non corrisposto è il movente dell’uccisione di Agitu Ideo Gudeta, la donna-pastore simbolo dell’integrazione in Trentino e in Italia fuggita dieci anni fa dalla natia Etiopia.
Agitu avrebbe compiuto 43 anni il giorno di Capodanno ma la furia di un collaboratore dell’azienda agricola biologica che lei aveva fondato, ‘La Capra Felice’, le ha tolto la vita spegnendo per sempre il suo sorriso e la sua grande voglia di lavorare. La donna è stata uccisa a colpi di mazzuolo e fatali sono state le lesioni alla testa.
Il corpo senza vita è stato trovato ieri pomeriggio riverso a terra nella camera da letto al secondo piano della sua abitazione a Maso Villalta nel comune di Frassilongo in Valle dei Mochèni tra le montagne del Trentino. L’allarme è scattato verso le ore 18 di ieri perché la donna non rispondeva più al cellulare.
Il collaboratore è stato fermato dai carabinieri quindi condotto nella caserma della Compagnia di Borgo Valsugana dove, dopo un lungo interrogatorio, nella notte ha confessato. Adams Suleimani, 32 anni originario del Ghana, era un operaio e si occupava di custodire le 150 capre autoctone mochène.
Ai carabinieri coordinati dal tenente colonnello Michele Capurso, comandante del reparto operativo di Trento, il pastore africano ha riferito che la lite sarebbe scoppiata per uno stipendio non pagato. Inoltre, è emerso che l’uomo avrebbe violentato la donna agonizzante a terra.
Inizialmente le indagini si erano anche focalizzate anche su Cornelio Coser, l’uomo di Fierozzo che dopo un rapporto d’amicizia, due anni fa aveva minacciato ed aggredito Agitu venendo, nel gennaio scorso, condannato per lesioni ma non per odio razziale come era stato richiesto dal pm. Coser, tramite il suo legale Claudio Tasin, ha detto, “è una tragedia, non c’è giustificazione per quanto accaduto nonostante la mia personale esperienza”.
Agitu, arrivata in Italia quando aveva 18 anni per intraprendere gli studi di sociologia, era fuggita dalla natia Addis Abeba a seguito degli scontri sociali e dalle minacce che aveva ricevuto dal suo governo.
Si era rifugiata in Trentino dove con enorme forza di volontà aveva fondato, da un progetto di recupero di terreni abbandonati e di razze rustiche locali, l’Azienda Agricola Biologica ‘La Capra Felice’.
L’azienda si occupa di allevamento caprino (capra pezzata mòchena in via d’estinzione) ma anche della produzione di formaggi biologici, yogurt e prodotti di cosmesi con latte di capra.
Agitu, nota in Italia anche come la ‘Regina delle capre felici’, in quell’angolo delle Alpi era partita allevando 15 capre. Nel giugno scorso in piena crisi economica causata dalla pandemia di Covid-19, aveva aperto in piazza Venezia a Trento la prima ‘Bottega della Capra Felice’. In quell’occasione la pastora disse, “non dobbiamo fermarci, con i sogni costruiamo il nostro futuro”.
All’interno del negozio oltre a trovare ortaggi, formaggi, uova e anche prodotti di cosmesi anche un angolo lettura e il caffè etiope.
Ad ottobre aveva aperto anche un punto vendita all’interno di una floricoltura di Bolzano. Nel capoluogo altoatesino aveva più volte esposto i suoi prodotti alla Fiera Bio. L’ultimo post su Facebook di Agitu risale al giorno di Natale: “Buon Natale a te che vieni dal sud, buon natale a te che vieni dal nord, buon natale a te che vieni dal mare, buon natale per una nuova visione e consapevolezza nei nostri cuori”. -
AGI
Batman lavora in un sexy shop di Cagliari e appena può corre ad aiutare i bambini in ospedale
AGI – Tra il sexy shop e le corsie d’ospedale la ‘doppia vita’ di Batman a Cagliari dove un imprenditore, una volta chiuso il negozio di accessori erotici e biancheria intima osè, si impegna per rendere meno tristi le giornate dei bambini ricoverati. “Come l’eroe combatte il male a Gotham city, così loro devono lottare contro la malattia”, spiega all’AGI Salvatore Monni che almeno una volta al mese indossa il costume da uomo pipistrello per regalare un sogno ai piccoli in corsia. Cagliaritano, proprietario di un sexy shop e con un passato nel mondo del volontariato, il Batman sardo ha una storia che arriva da lontano.
L’ispirazione da un imprenditore di Baltimora
“Circa cinque anni fa – racconta Monni – ho letto della morte del Batman del Maryland: era stato investito dopo un guasto alla sua ormai famosa Batmobile. Una fine tragica per un uomo che rallegrava i bimbi degli ospedali. Avrebbe potuto staccare un assegno e invece dedicava il suo tempo agli altri. Ho deciso che dovevo raccogliere quell’eredità, perché un battito d’ali a Baltimora può cambiare le cose a Cagliari”. Detto fatto. Ordinato il costume – una copia cinematografica spedita dal Canada – si è fatto fare delle ‘ali’ da montare sulla sua Corvette del ’78 verniciata di nero opaco così come un quad: Batmobile e Batquad erano così pronti per sfrecciare verso gli ospedali Microcitemico e Brotzu, assieme alle associazioni di volontariato.
Braccialetti e mini-torce col simbolo del supereroe
“Mi sono fatto preparare braccialetti con il logo e mini torce che proiettano il simbolo di Batman da regalare ai bambini. Scherzo con loro, cerco di incoraggiarli e provo a regalare un sogno. Anche se, alla fine, sono sempre loro che regalano qualcosa a me”, racconta l’imprenditore ricordano la storia di un bambino che, a distanza di anni dalla dimissione, parla dell’ospedale come il posto in cui incontrava il suo eroe: “Non ripensa ad aghi e sofferenze, niente terapie dolorose o paura, lui di quel periodo ricorda Batman e per me è la cosa più preziosa”.
“L’imbarazzo è per le mentalità provinciali”
La pandemia ha frenato, ma non bloccato il supereroe: per Natale ha organizzato, assieme “agli amici Spiderman e Jack Sparrow”, una diretta streaming per i piccoli pazienti e, appena possibile, riprenderà gli incontri nelle scuole dove gli insegnanti delle scuole primarie lo chiamano per l’ora di educazione civica. Ormai noto in città, Monni ha precisato: “Ogni tanto qualcuno mi chiama per delle feste, ma io non sono un animatore, non faccio queste cose. Io ho una missione e voglio condurla con onore. Non prendo soldi, per quelli ho il mio lavoro”.
Monni è proprietario di tra i più grandi sexy shop della Sardegna. Questo ha mai creato imbarazzi? “Ma assolutamente no”, risponde sicuro: “L’imbarazzo è per le mentalità provinciali. Anzi, sono orgoglioso del mio lavoro e mi ritengo tre volte fortunato: primo perché ho un lavoro e di questi tempi non è scontato, secondo perché ho un impiego che mi piace e terzo perché sono il proprietario. Cosa posso volere di più? Diventare ricco forse? Ma no, non fa per me, preferisco dedicarmi agli altri”. -
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I tre presidenti Usa che disertarono l’insediamento del successore
AGI – Prima di Donald Trump sono stati tre i presidente nella storia degli Stati Uniti che si sono rifiutati di essere presenti all’insediamento del loro successore: l’ultimo era stato Andrew Johnson nel 1869. Johnson fu messo sotto impeachment dalla Camera dei rappresentanti e assolto dal Senato, ma con il suo successore Ulysses Grant c’era un odio reciproco, al punto che quest’ultimo si rifiutò di salire sulla carrozza con lui per andare alla cerimonia di insediamento. Così Johnson restò alla Casa Bianca a firmare le ultime leggi.
In precedenza il gran rifiuto aveva riguardato John Adams e suo figlio John Quincy Adams, entrambi arrivati alla presidenza. John Adams, secondo secondo presidente degli Stati Uniti, nel 1801 non partecipo’ all’inaugurazione del terzo, Thomas Jefferson in quanto i Federalisti di Adams reputavano i democratico-repubblicani alla stregua di giacobini e la campagna elettorale era stata durissima.
Nel 1829 il figlio John Quincy Adams, sesto presidente Usa, non fu presente all’insediamento di Andrew Jackson (tra i fondatori del Partito democratico), al termine di un’altra campagna dai toni durissimi. Dopo le elezioni la moglie di Jackson mori’ di infarto per aver appreso delle accuse mosse al marito (che riguardavano anche la sfera famigliare) e il presidente eletto si rifiutò di far visita al predecessore nelle tre settimane prima dell’insediamento. Così John Quincy Adams disertò la cerimonia di inaugurazione.
Un quarto caso riguarda Richard Nixon che nel 1974 si dimise da presidente per lo scandalo Watergate e non assistette al giuramento del suo successore, Gerald Ford, il primo ad approdare alla Casa Bianca senza mai essere stato eletto.
Covid, test rapidi ultima generazione: firmata circolare

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