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AGI
Nel luogo dell’esplosione di Nashville sono stati trovati resti umani
AGI – La città di Nashville, nel Tennessee, cuore country degli Stati Uniti, è stata svegliata all’alba di Natale da una impressionante esplosione in pieno centro. Un camper è saltato in aria davanti all’edificio della At&t, il gigante americano delle telecomunicazioni. Resti umani sono stati trovati sul posto. Non è chiaro se appartengano all’autore della bomba o a una vittima.
La deflagrazione ha danneggiato il centro di rete ospitato nell’edificio, mandando in tilt le comunicazioni in mezzo Stato.
WATCH: Bomb explodes in downtown Nashville after loudspeaker warns people to evacuate pic.twitter.com/B57Csckqs9 — BNO News (@BNONews)
December 25, 2020
Non solo sono andati fuori servizio cellulari e Internet ma nemmeno il numero di emergenza della polizia, il 911, è stato raggiungibile in una decina di contee, tra cui alcune a quasi trecento chilometri di distanza da Nashville. L’aeroporto della città è stato costretto a interrompere i voli proprio a causa dei problemi di comunicazione.
Poteva essere una strage, viste la potenza della bomba, se non fosse stato per l’allarme lanciato per tempo. La polizia era già sul posto, chiamata per una segnalazione di spari, quando dal camper, che aveva già insospettito gli agenti, è partito un messaggio con l’altoparlante. “Una bomba esploderà tra quindici minuti, se senti questo messaggio allontanati ora”, ripeteva. La zona, già quasi deserta, è stata evacuata. E, passato il quarto d’ora, il mezzo è effettivamente esploso. Sono stati feriti, lievemente, i tre poliziotti che erano sul posto.
#MAGABlast in Nashville #Tennessee….?!! #NashvilleExplosion Merry Christmas pic.twitter.com/gYeUnQ2DWR — @Trendrewards (@trendrewards1)
December 25, 2020Ora l’indagine è affidata all’Fbi che, per il momento, si limita a chiedere la collaborazione della cittadinanza e non svela alcun dettaglio. E’ stato diffuso un fotogramma del camper per le eventuali segnalazioni. Il mezzo, di colore bianco, è stato ripreso da una telecamera di sicurezza all’1.22 di notte, mentre arrivava sulla Second Avenue, dove poi è stato parcheggiato. Alla guida sembra esserci una persona con il volto coperto da un cappellino con visiera.
Per la polizia statale si è trattato “di un atto intenzionale”. Ma l’Fbi non si è ancora sbilanciata. “Non sappiamo se sia stata una coincidenza o se questa fosse l’intenzione”, ha detto il portavoce della polizia, Don Aaron, in riferimento alla vicinanza all’edificio della At&t. La società ha dichiarato che l’edificio interessato è la sede principale di una centrale telefonica, con apparecchiature di rete al suo interno. Ha confermato che alcuni servizi sono stati interrotti ma non ha fornito dettagli. L’esplosione ha danneggiato almeno una decina di edifici. La Croce rossa è al lavoro per allestire un rifugio per gli sfollati. -
Adnkronos
Sondaggi politici, 2020 sull’altalena: Meloni boom
Esattamente un anno fa la Lega era ancora stabile sopra il 30% in tutti i sondaggi politici. Le rilevazioni degli ultimi giorni danno il Carroccio tra il 23 e il 24%. Nei numeri la fotografia della perdita dei consensi del partito di Matteo Salvini che, in una sintesi dei sondaggi 2020, risulta la formazione politica ‘maglia nera’ dell’anno. Appartiene sempre al campo del centrodestra, il partito che invece si guadagna il podio in quanto a aumento di consensi: Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Una crescita che porta Fratelli d’Italia ad insidiare e spesso superare, nelle rilevazioni che si sono susseguite durante l’anno, il Movimento 5 Stelle strappando ai pentastellati il terzo posto dopo Lega e Pd nei gradimenti. A inizio 2020, il partito della Meloni ai aggirava attorno al 10 per cento. Negli ultimi sondaggi è stabilmente sopra il 15% e arriva quasi a sfiorare il 17 per cento: secondo il sondaggio Swg del 15 dicembre, Fdi è al 16,8% staccando di ben due punti i grillini. Nell’ultimo Ipsos di Nando Pagnoncelli di sabato 19 le due formazioni erano di nuovo appaiate. Insomma, è un testa a testa continuo di rilevazione in rilevazione. I casi della Lega, in negativo, e quello di Fdi, in positivo, sono però le uniche due ‘sorprese’ del 2020. Per tutte le altre formazioni infatti l’andamento è stato pressochè stabile. I partiti della maggioranza non subiscono grandi variazioni rispetto al grande spartiacque che segnato l’anno: ovvero il prima e il dopo Coronavirus. Nei mesi della prima ondata, in primavera, il governo e il premier Giuseppe Conte avevano alzato di molto l’asticella dei consensi ma senza che questo avesse un riverbero nelle percentuali dei partiti di maggioranza. Partendo dal secondo partito per consensi, ovvero il Pd, il 2020 è il racconto di una sostanziale tenuta. I sondaggi di gennaio scorso davano dem attorno al 20% e la stessa è la percentuale un anno dopo. Nel mezzo però ci sono diverse ‘soddisfazioni’ per il partito di Nicola Zingaretti: un andamento positivo alle elezioni amministrative che si sono susseguite durante il 2020. A partire dalle regionali in Emilia Romagna dello scorso gennaio dove Stefano Bonaccini ha respinto l’assalto di Salvini alla regione rossa per eccellenza. E poi anche nella tornata autunnale, i dem hanno visto la riconferma dei loro presidenti in Puglia con Michele Emiliano e in Campania con Vicenzo De Luca. La vittoria di Eugenio Giani in Toscana che, anche in questo caso, ha mantenuto la regione a sinistra respingendo il tentativo di Salvini. Male invece nelle Marche per il Pd che dopo anni di amministrazioni di centrosinistra ha ceduto il passo a Fratelli d’Italia. Ma anche le comunali sono state positivi per i dem. Dei 9 capoluoghi tornati alle urne, 5 sono andati al Pd (Chieti, Bolzano, Reggio Calabria, Lecco e Andria), 1 al Movimento 5 Stelle (Matera), 2 a indipendenti (Crotone e Aosta) e 1 soltanto al centrodestra (Arezzo). Per i 5 Stelle dal punto di vista dei consensi, il 2020 non ha portato miglioramenti rispetto al 2019 dove già c’era stata una grande emorragia di consensi: dal 32% delle politiche 2018 al 17,1 delle europee dell’anno successivo. E il 2020 è il racconto di uno ‘zoccolo duro’ del 15 per cento che resiste in dote, al momento, ai pentastellati. Tutti i sondaggi del 2020 si attestano attorno a quella percentuale, punto più o punto meno. Restando nel campo delle forze di governo ovvero Italia Viva di Matteo Renzi e Leu rappresentato dal capodelegazione Roberto Speranza, la fotografia è di un consenso sotto la soglia di sbarramento se diventasse legge il Brescellum: proporzionale con soglia al 5. Nelle rilevazioni sia I)v che la sinistra oscillano sempre attorno al 3 per cento con punte che sfiorano talvolta il 5% per i renziani ma senza che l’incremento diventi stabile. Stessa percentuale, facendo una media dei sondaggi 2020, per Azione di Carlo Calenda che spesso per qualche decimale supera Iv di Renzi. Tornando nel campo del centrodestra c’è Forza Italia. Anche per gli azzurri di Silvio Berlusconi il 2020 è un anno dall’andamento stabile e stabilmente Fi resta sotto la percentuale a 2 cifre ma si attesta tra il 7 e l’8 per cento. Al di là dei partiti, c’è poi un discorso a parte per il premier Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio è il leader che più ha beneficiato in termini di consenso durante il 2020 della pandemia. In particolare, durante la prima ondata, il gradimento del premier ha toccato numeri da plebiscito. Secondo il sondaggio mensile Demos per Repubblica a marzo, con l’Italia in lockdown e attonita di fronte al virus, la valutazione positiva di Conte passò dal 52% di febbraio al 71% a marzo. Dopo quell’exploit, le percentuali sono rimaste alte pur ridimensionate: il 66% ad aprile, il 60% a maggio secondo Ipsos. Numeri più contenuti ma durante il corso dell’anno l’appeal del premier è sempre rimasto forte. Basta vedere il sondaggio Ipsos per il Corriere del 19 dicembre: cala il gradimento per il governo ma cresce la popolarità di Conte. E questa è la spiegazione fornita dell’istituto di Nando Pagnoncelli: “Nello scenario politico di dicembre si evidenzia un dato inusuale, rappresentato dal calo di popolarità dell’esecutivo a fronte di una ripresa di apprezzamento per il presidente Conte. L’indice di gradimento del governo, infatti, arretra di 3 punti rispetto a fine novembre, attestandosi a 49, il dato più basso dal conclamarsi della pandemia, mentre l’apprezzamento del premier (57) fa registrare un aumento di 2 punti, invertendo il trend negativo iniziato ad ottobre”.
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AGI
Cacciatori spagnoli uccidono 540 animali in Portogallo, tensione tra i due Paesi
AGI – Il Portogallo è sotto shock per il massacro di 540 cervi e cinghiali in una zona di caccia al centro del Paese, e accusa 16 cacciatori spagnoli di “crimine ambientale”. Le foto del massacro degli animali selvatici sono state postate e condivise centinaia di volte sui social, suscitando l’ira della popolazione, oltre alle denunce delle autorità e dei difensori dell’ambiente. E ora il caso potrebbe anche trasformarsi in un caso diplomatico tra Portogallo e Spagna. Per il ministro dell’Ambiente portoghese, l’efferata uccisione di questi animali selvatici rappresenta un gesto “vile” oltre che un “crimine ambientale” da portare in tribunale. La strage a metà dicembre Secondo le informazioni diffuse dai media, il massacro è avvenuto in una fattoria della zona di caccia turistica di Torrebela, vicino ad Azambuja, a circa 40 km dalla capitale portoghese Lisbona, il 17 e 18 dicembre. In quell’area è consentito cacciare singoli animali, ma in questo caso pare sia morta la maggior parte della popolazione di cervi della zona. “Le segnalazioni e le notizie in nostro possesso sul massacro indiscriminato di animali ci indicano che non ha nulla a che fare con la caccia, intesa come pratica che può contribuire al mantenimento della biodiversità e degli ecosistemi” ha dichiarato il ministro dell’Ambiente portoghese, annunciando l’apertura di un’inchiesta. La fattoria dove si sono svolti i fatti è un’area di 1.100 ettari totalmente recintata e murata, pertanto i 540 animali custoditi al suo interno non hanno potuto fuggire ai loro assassini.
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Adnkronos
Covid, l’appello a Mattarella del medico di famiglia prima di morire
“Sono un medico di medicina generale che dal 24/10/2020 si è ammalato di Covid-19, sono stato ricoverato in ospedale dal 01/11/2020 al 28/11/2020 per una polmonite interstiziale bilaterale, nella mia stanza c’erano altri tre sanitari affetti dallo stesso problema”. “Presidente, da lavoratore, da professionista, Le chiedo se è possibile che ad un operatore sanitario che si contagia di una malattia, perché opera contro tale malattia gli venga detto che il suo male non è da considerarsi infortunio sul lavoro, e, pertanto non ci sarà alcun risarcimento per i danni subiti. Non credo che questo sia giustizia per una categoria così esposta, e così poco tutelata da chi ne aveva il dovere”. Scriveva così Mario Avano, medico di famiglia di Napoli, in una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, qualche giorno prima di morire di coronavirus. Il medico, molto noto nel quartiere Barra del capoluogo campano dove aveva il suo studio, rivolgendosi ancora al Capo dello Stato, si diceva quindi “sicuro di un suo interessamento per modificare questa ingiustizia contro una categoria esposta a così alto rischio. La ringrazio da parte di tutti i cittadini che operano nel campo sanitario”. A ricordare la lettera scritta dal collega Avano, è stato il presidente dell’Ordine dei medici di Napoli, nonché segretario nazionale della Federazione italiana dei Medici di medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti, sulla chat dei 106 presidenti degli Ordini territoriali. Avano è morto mentre era in convalescenza dopo essere stato dimesso dal Cardarelli di Napoli. Il medico nella missiva inviata a Mattarella raccontava infatti come “le terapie effettuate presso l’ospedale” “da personale molto qualificato e soprattutto di una umanità che era in sintonia con le terapie, ci ha permesso di ritornare agli affetti familiari, alle nostre case pur con gli esiti di questa malattia così grave”. Una malattia che però non ha risparmiato la sua vita.
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AGI
‘Neverland’ di Michael Jackson svenduto a 22 milioni di dollari
AGI – Il celebre ranch ‘Neverland’ di Michael Jackson, a Los Olivos in California, è stato venduto al miliardario americano Ron Burkle per 22 milioni di dollari, appena un quarto del prezzo richiesto in partenza. A riferire dell’acquisto è stato un portavoce dello stesso Burkle, ex amico del Re del Pop deceduto nel 2009, mentre il Wall Street Journal è risalito alla cifra sborsata dall’investitore. Un parco divertimenti ispirato a Peter Pan Nel 2015, la proprietà di Jackson, circa 1.100 ettari, era stata valutata 100 milioni di dollari, ma già l’anno scorso era scesa a 31 milioni. Originariamente, nel 1987, Michael Jackson aveva pagato l’enorme ranch 19,5 milioni di dollari e lo aveva ribattezzato ‘Neverland’, in onore dell’isola di Peter Pan dove i bambini non crescono mai, facendone la sua abitazione nel picco della carriera. Di fatto, la proprietà era stata trasformata in un parco divertimenti, con uno zoo e un luna park dove il cantante amava intrattenere bambini e famiglie. Le accuse di abusi sessuali Tra gli anni ’90 e 2000, ‘Neverland’ diventò l’epicentro di varie inchieste legate alle accuse di abusi sessuali su minori a carico di Jackson. Assolta nel 2005, la pop star non fece mai più ritorno al ranch, che fu venduto poco prima della sua morte, nel 2009, alla Colony Capital di Thomas Barrack Jr.
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AGI
In arrivo freddo e neve, scatta l’allerta da Nord a Sud
AGI – Scatta l’allerta maltempo per l’arrivo di neve, freddo e venti di burrasca prima al Centro-Nord ma che dovrebbe poi estendersi a gran parte del Paese.
Correnti fredde settentrionali dovrebbero portare infatti un repentino calo delle temperature con nevicate fino a quote basse al Nord e successivamente anche sulle regioni del Centro-Sud. Il Dipartimento della Protezione Civile ha emesso già da ieri un “avviso di condizioni meteorologiche avverse”.
A rischio esondazione anche i fiumi.
Le prime nevicate dovrebbero interessare, a quote superiori ai 300-500 metri, l’Emilia-Romagna, in estensione dal pomeriggio-sera, a quote superiori ai 400-600 metri, alla Toscana settentrionale e, dalla tarda serata, alle Marche.
Si prevedono inoltre venti di burrasca o burrasca forte, dai quadranti settentrionali, su Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Toscana e Marche, con mareggiate sulle coste.
‘Allerta gialla’ in Campania e su settori di Basilicata e Calabria. A Milano intanto si è già riunito il ‘tavolo neve’, su una possibile abbondante nevicata tra domenica 27 e lunedì 28 dicembre.
Diramato l’avviso, in caso di calo delle temperature, di spargere il sale nelle parti di strade e marciapiedi antistanti gli stabili privati e di provvedere allo sgombero della neve in caso di precipitazioni abbondanti. -
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AGI
Perché il fondatore di Alibaba è finito nel mirino del regime cinese
AGI – È l’uomo d’affari più famoso in Cina e, per i suoi connazionali, il simbolo del “self made man”. Ma a 56 anni, Jack Ma deve ora gestire la decisione di Pechino che sembra intenzionato a tagliargli le ali: perché il miliardario, anche quest’anno in cima alla classifica degli uomini più ricchi della Cina, sta affrontando il momento più difficile da quando ha dato il via, nel 1999, alla sua piattaforma di e-commerce Alibaba, e vede erodersi la sua popolarità ai piani alti, e altissimi, della politica nazionale. La decisione di mettere sotto inchiesta per pratiche monopolistiche la più grande azienda di e-commerce del Paese segna l’azione più aggressiva delle autorità di regolamentazione cinesi per mettere la briglia al crescente peso delle aziende tecnologiche cinesi. Dopo l’annuncio di Pechino, oggi le azioni di Alibaba Group Holding Ltd sono crollate di oltre l’8% (8,13%), il più grande calo giornaliero in sei settimane. Ma l’annuncio è soprattutto l’inizio formale della repressione del Partito Comunista contro il gioiello della corona, un gioiello dal dominio tentacolare, che abbraccia tutto, dall’e-commerce alla logistica e ai social media Un pressing che rientra nello sforzo più ampio per frenare una sfera sempre più influente, quella di Internet. Una volta acclamati come motori della prosperità economica e simboli dell’abilità tecnologica del paese, Alibaba e i suoi rivali come Tencent Holdings Ltd. affrontano la crescente pressione perché raccolgono centinaia di milioni di utenti e hanno acquisito influenza su quasi ogni aspetto della vita quotidiana in Cina. L’ascesa del magnate L’ascesa del miliardario è nota: nato in un ambiente povero, il padre che faticava a mantenere la famiglia, un diploma di maturità fallito due volte, lavori saltuari, fino alla creazione di Alibaba in un appartamento di Hangzhou con pochi soldi presi in prestito da amici. Jack Ma decide di abbandonare la professione di insegnante all’università dopo aver scoperto Internet in un viaggio negli Stati Uniti e aver colto la possibilità offerta alle aziende di scambiare le loro merci on line. Allo stesso modo, coglie subito le potenzialità degli smartphone: con il suo servizio Alipay diventa il pioniere dei pagamenti elettronici ‘mobile’. Queste intuizioni gli hanno fatto guadagnare la reputazione di visionario in un Paese dove il contante va scomparendo a favore del pagamento tramite smartphone. Alibaba sbarca in borsa Nel 2006, il decollo della piattaforma di e-commerce di Alibaba, Taobao, costringe l’azienda americana eBay a ritirarsi dal mercato cinese. Il trionfo arriva nel 2014 quando Alibaba si quota in borsa a Wall Street, raccogliendo 25 miliardi di dollari, un record per l’epoca. Il gruppo ripete l’impresa lo scorso anno a Hong Kong, raccogliendo 13 miliardi di dollari. Ma la sua ascesa apparentemente senza limiti riesce a guadagnargli inimicizie ai vertici del regime comunista, con il quale sintetizza i rapporti nel 2007 al forum di Davos: “La mia filosofia consiste nell’essere innamorato del potere ma non sposarlo mai”. E questa linea infastidisce i piani alti a Pechino, ancora più irritati da un discorso di aperta critica che Jack Ma pronuncia durante un forum economico a Shanghai, il 24 ottobre scorso: critica pesantemente il sistema bancario cinese, paragonandone il modello operativo a quello di “un monte dei pegni”; ha anche da ridire su uno dei mantra di Pechino, la prevenzione dei rischi del sistema finanziario. Jack Ma adesso deve fare i conti con il regime: ufficialmente fuori da Alibaba dallo scorso anno, non si vede in pubblico dall’inizio di novembre e dalla cancellazione in extremis dell’Ipo Ant Group. Una battuta d’arresto che già gli è costata il titolo di uomo più ricco della Cina, nonostante un patrimonio ancora valutato 58 miliardi di dollari. La decisione di annullare l’Ipo sarebbe arrivata dal livello più alto possibile in Cina, probabilmente dallo stesso Xi Jinping: il presidente sembra determinato a combattere le tendenze monopolistiche di gruppi privati le cui piattaforme di vendita online sono utilizzate da centinaia di milioni di cinesi. “Il partito ha ricordato ancora una volta a tutti gli imprenditori privati che non importa quanto tu sia ricco e di successo, ti può tirare via il tappeto da sotto i piedi in qualsiasi momento”, ha commentato Bill Bishop, l’autore di Sinocism, la newsletter incentrata sulla Cina. In sostanza, Jack Ma ha peccato di arroganza e Pechino ha deciso di mettergli guinzaglio. E ora deve affrontare il rischio davvero di dover uscire di scena.
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AGI
Mezzanotte silente in una Roma come in tempo di guerra
AGI – Metà al buio com’è, con la sola Lanterna che emana un fascio di chiaro dall’altezza della sfera, la Cupola di San Pietro finisce per ricordare una lampadina da 15 watt che inizia a fare i capricci nella camera da letto di una vecchia zia, che abita in campagna. Fioca la lampadina, fioca la Lanterna. Ricordi di una generazione che vide la guerra e il dopoguerra, la caduta e l’incertezza. Le asperità dei tempi in attesa del ritorno alla serenità.
Roma mai è stata così silenziosa, sotto Natale, se non in quel terribile inverno del ’43: occupata e umiliata, vuota di razzie e requisizioni. Se la fame non è quella di allora lo è magari l’incertezza: sarà perché i nipoti nati con il Boom non hanno la stessa capacità di adattarsi alle ristrettezze dei nonni che il Miracolo lo crearono. Notte Santa, notte silente.
Non è esagerazione, il raffronto. Leggiamo i ricordi di un grande giornalista come Sergio Lepri di quel Natale e scopriamo quante cose in comune ci sono con allora. “Di Natali di guerra ce ne sono stati già tre, ma questo è più triste degli altri, alla fine di un anno pieno di speranze e poi di delusioni, di felicità e poi di sconforto”, scriveva, “Non c’è più certezza di niente. La guerra invece di terminare continua. E come andrà a finire? C’è il coprifuoco; non c’è stata la messa di mezzanotte. A messa i fedeli sono andati stamani e il sacerdote ha parlato del messaggio natalizio del Papa”.
Oggi tutti aspettano il V-Day, il giorno dei vaccini. A quei tempi tutti aspettavano il V-Day, il giorno della Vittoria. La differenza è quasi unicamente lessicale, la sostanza coincide. E anche se oggi non ci sono le pecore al pascolo a Villa Borghese e gli orti di guerra nell’aiola di Piazza Venezia, nessuno o quasi può dire di non aver sentito raccontare della povertà che cresce, o di famiglie in difficoltà in coda alla Caritas.
A Piazza Venezia l’abete del Comune svetta in splendida solitudine in un ambiente deserto, mentre gli autobus di mezzanotte se ne vanno: senza un passeggero, come quando sono partiti dal capolinea. L’unica luminaria degna di questo nome è su via del Corso, inondata di luce come se nulla fosse. Ma una scelta originale ha frapposto, alle cascate di lampadine, citazioni che stridono poco opportune, stornellate stonate. “Le ragazze famo innamora’” promettono mentre, sotto, i marciapiedi che per generazioni sono serviti proprio all’incontro a scopo sentimentale sono riempiti da passi tardi e lenti. L’amore, ai tempi del covid, è altra cosa.
“Roma bella m’appare” dicono anche, e qualche non si è lontani dalla realtà, perché lo spettacolo in qualche caso è effettivamente da Grande Bellezza. Se mancano le luminarie delle strade (a Testaccio una volta srotolavano addirittura i tappeti rossi lungo i marciapiedi) e le poche che ci sono hanno la presa staccata alle 18, le fontane gocciolano gloria, barocche e fulgide di acqua radiosa che pare appena sgorgata, in questo gioco ottico, da fonte d’alta montagna. Gli stemmi dei papi che le fecero costruire ribadiscono il fulgore antico. Ma si gira l’angolo e dietro Piazza Navona, al riparo di una scritta inneggiante agli ultrà della Roma, un mucchio di sacchetti della spazzatura riconduce sulla caducità del presente.
Tutto scorre, dalle fontane al Tevere sotto Ponte Sisto, che una leggenda romana vuole percorso tutti i giorni dalla carrozza di Donna Olimpia Pamphilj, con il cappuccio gonfio di vento che le lascia scoperte le gote ormai grassocce di donna adusa al potere e ai quattrini. Nemmeno le anime errabonde delle notti romane si muovono tra Trastevere e Parione, neppure Donna Floria, la svampita nobildonna che Antonio Pietrangeli fece impersonare a Sandra Milo in “Fantasmi a Roma” nel lontano 1961.
L’unica cosa che vi somigli è il Mascherone di via Giulia, con la bocca aperta in una smorfia e l’acqua che solo qui è stata tagliata. I sampietrini di Campo de’ Fiori invece sono lucidi d’umidità come se vi avessero passato la cera, mentre in realtà sono solo gli spazzoloni della camionetta della nettezza urbana. Luci gialle intermittenti sotto il naso di Giordano Bruno e vicino il nasone che non smette di lavorare, di bronzo inossidabile com’é. Ma le luci dove sono? Qualche negozio le azzarda, ma dalle finestre e dai balconi ne pendono veramente poche.
Persino a Piazza Navona ve ne sono una, due, forse tre. No, due: la terza si spegne tutta insieme proprio mentre ci passi sotto, ad aumentare l’effetto deprimente. Del resto, non ha senso scialare con gli addobbi: le bancarelle quest’anno non ci sono. Nemmeno una, nemmeno una statuina del presepe piccina così. In passato ci fu un mezzo litigio con il Comune, e un mezzo boicottaggio. Quest’anno il virus li ha messi tutti d’accordo: restiamo tutti a casa e pace sarà. Miracolo del Natale.
Covid Emilia Romagna, 2.127 contagi e 65 morti: il bollettino

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