
Aprile e Veneralia: il risveglio della natura, la primavera, la terra che rinasce. Nel nuovo appuntamento della rubrica ClassicaMente, di seguito, l’analisi e l’importanza di un mese fondamentale per gli antichi romani.
Aprile e Veneralia: etimologia e importanza della Madre Terra

Aprile era un mese importante nella cultura latina poiché celebrava la rinascita e i Veneralia, le feste dedicate alla dea Venere. In latino era reso come Aprilis e, secondo Ovidio e Varrone, tale nome deriverebbe dal verbo latino ”aperire”, aprire; allegoria di come il mese di Aprile riflettesse il periodo della fioritura e del rigoglio della Terra. Altri studiosi ipotizzarono che il nome autentico fosse “Aphrilis”: da Aphrodite, Afrodite, quindi Venere. Il legame con la dea della bellezza starebbe nel fatto che, durante questo mese, la natura si mostra in tutta la sua grandezza, aprendosi a un nuovo ciclo di vita e alla rinnovamento. Scrive Ovidio nei Fasti:
Poiché la primavera apre tutto, si dice che il mese si chiamò aprile perché la stagione è aperta; e reclama Venere, la nutrice, che pone la sua mano sopra il mese.
Aprile era importante non solo per i Veneralia: il 21, infatti, era anche il giorno della fondazione mitica dell’Urbe, dell’istituzione del legame della Gens Iulia di Cesare e, con essa, della Dinastia Giulio Claudia con la stessa dea Venere.
Aprile e Veneralia: le celebrazioni
Il mese di aprile era accolto dai romani con numerosi rituali e cerimoniali che esaltavano la bellezza del risveglio: la cultura latina del tempo, infatti, era particolarmente devota alla Madre Terra. L’1 aprile si celebravano i Veneralia, rituali in onore di Venere Verticordia. L’appellativo derivava dai termini latini vertor e cordis: letteralmente ”volgimento del cuore, apertura del cuore”, espressione usata per riferirsi all’unione matrimoniale. Non era un caso che i Veneralia si svolgessero proprio il 1 aprile: la data in questione coincideva con l’anniversario della fondazione del tempio di Venere. Il tempio fu dedicato alla dea nel 114 a.C. per espiare un peccato di incesto commesso da tre Vestali.
Rituali e simboli: il cocetum e i rami di mirto
Le donne, sposate o meno, si recavano al tempio di Venere e rimuovevano ornamenti e gioielli dalla statua della divinità. Successivamente, si sottoponeva la statua a un lavaggio sacrale, si rivestiva dei suoi fregi e orpelli preziosi e si decorava con fiori di rosa. Seguiva poi un bagno collettivo in cui, le devote, si coprivano con rami di mirto bevendo il cocetum: una bevanda composta da latte, miele e papavero pestato. Tale bevanda era la stessa che la dea aveva bevuto nel giorno del suo matrimonio con il dio Vulcano. L’uso del mirto appartiene invece al mito in cui, la dea Venere, sorpresa da alcuni satiri nuda a fare il bagno, si coprì con i rami della pianta in questione. Le donne si denudavano lavandosi nei bagni degli uomini offrendo dell’incenso alla Fortuna Virile: la cerimonia serviva a garantire alle devote bellezza e nobiltà d’animo.
Stella Grillo
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Foto in copertina: Aprile,Veneralia – Photo Credits: capitolivm.it